2014
Ferrero raggiante: «Non temiamo nessuno»
Il presidente della Sampdoria intervistato a “11”
SAMPDORIA FERRERO – E’ un Massimo Ferrero a tutto campo quello del post-Atalanta. Il presidente della Sampdoria, alla terza vittoria consecutiva in campionato e con il terzo posto dei suoi ragazzi, è raggiante per le prestazioni della squadra, a partire dal legame serio e genuino con il tecnico Sinisa Mihajlovic. Di questo e di molto altro ne ha parlato nell’intervista a “11”: «Non temiamo nessuno. Ho un allenatore straordinario, una squadra formata da venticinque bravissimi ragazzi che mi amano e che adoro e decine di giovani che si stanno facendo le ossa in giro per l’Italia. Sinisa mi ha detto che ambisce a sostare stabilmente nella parte sinistra della classifica, io mi auguro si sbagli per difetto. La palla bisogna afferrarla e metterla dentro».
IL PASSATO – Sulla questione inerente al precedente allenatore dei blucerchiati: «La Sampdoria aveva un tecnico di nome Delio Rossi. Fece 9 punti in 11 partite e andò a piangere da Garrone spiegando al mio predecessore, un galantuomo, che non aveva più la squadra in mano. Invece di ricevere una stretta di mano e tanti auguri per il ritorno al paesello d’origine, Rossi venne licenziato. Non so quanto tempo sia trascorso da allora, ma so che continuo a pagare il signor Delio Rossi e tre persone del suo staff per stare comodamente a casa. Ho provato a incontrare l’allenatore per risolvere il contratto tra persone ragionevoli e cercare una transazione. “Non mi conviene” mi ha detto. Questo è il calcio italiano. Un luogo in cui gli affari saltano perché i diritti di veto, i sindacati e l’arbitrio del singolo sono più importanti dell’interesse generale. Così fino a quando qualche benemerito non avrà pietà di me e assumerà Rossi per farlo lavorare in un’altra realtà, le cose continueranno ad andare così. Spero che il tecnico sia in pace con la sua coscienza perché a incassare uno stipendio senza muovere un dito, io mi vergognerei. Mi tremerebbero le mani».
FERRARIS – Infine, sulla questione stadio: «Prima o poi occuperò il Comune di Genova perché pagare oltre un milione di euro all’anno per ritrovarsi in tribuna d’onore con i seggiolini arrugginiti è un non senso che grida vendetta. L’idea è quella di riportare le famiglie a godersi lo spettacolo e, per realizzare il progetto, bisogna stravolgere il sistema. Il calcio è un’azienda e va gestito con regole precise. Se cercate il mecenate che butti 30 milioni di euro l’anno nella spazzatura, rivolgetevi altrove. Non voglio guadagnare, ma riportare normalità in un microcosmo impazzito in cui violenti, provocatori e rompicoglioni hanno carta bianca per trasformare una festa in un percorso di guerra».