2014
Luppi: «Mandorlini sta facendo un gran lavoro»
Continua l’ex gialloblu: «Sono contento che sia partito benissimo, mi ha fatto unottima impressione»
HELLAS VERONA MILAN LUPPI – Una delle sfide più interessanti in programma per la settima giornata di Serie A sarà quella tra Hellas Verona e Milan. E’ intervenuto ai microfoni di Hellas Live l’ex gialloblu Livio Luppi, ecco le sue parole riportate dai colleghi di Hellasnews24.com: «Seguo sempre il Verona e domenica sarò inevitabilmente in tribuna al Bentegodi. Sono contento che sia partito benissimo, mi ha fatto un’ottima impressione, ha un gioco molto molto bello. Mandorlini sta facendo un gran lavoro soprattutto a centrocampo, là davanti poi c’è un certo Nenè che secondo me può essere l’arma in più di questo Verona. Toni? Un punto di riferimento, ha delle qualità uniche nel suo ruolo. Se segnerà tanto come l’anno scorso il Verona può sperare di ripetersi».
SULLA FATAL VERONA – «20 maggio 1973, ultima giornata di campionato, il Milan aveva qualche giorno prima vinto la Coppa delle Coppe, arrivò a Verona e noi realizzammo 5 gol di cui una tripletta mia (due più un’autorete propiziata, ndr) perse lo scudetto e da lì nacque il mito della “Fatal Verona”. Quel giorno i rossoneri si trovarono sulle gambe, dopo un quarto d’ora giocato bene Zigoni si inventò quel cross che fece segnare Sirena a porta vuota e da lì fu tutto in discesa. Se conservo ancora il pallone di quella storica partita? Allora non andava di moda. Anzi, finita la partita entrarono tutti in campo e rimasi senza niente addosso (ride ndr). Dopo qualche mese però, un tifoso gialloblù molto noto nell’ambiente si avvicinò e si fece autografare la maglia che indossavo quel giorno. Penso che la conservi ancora. Il merito di quegli anni è stato quello di avere un gruppo di giocatori (Nanni, Sirena, Maddè, Mascetti, Busatta, Luppi e Zigoni, ndr) che giocando sempre insieme hanno creato un affiatamento unico, riuscendo a tenere sempre in alto il nome dell’Hellas Verona. Mister Cadè? Un grande. Io arrivai a Verona come ala, con l’arrivo di Zigoni mi spostò a fare il centroavanti e lì sono rimasto per il resto della mia carriera. Era sicuramente un calcio diverso, perché una volta che eri tesserato per una società lì eri e lì dovevi rimanere fino a che il presidente non decideva di venderti. Non esisteva che il giocatore prendeva su e andava via perché non giocava. Era un calcio basato principalmente su dei valori ed ecco perché ci si attaccava più facilmente alla maglia».