Napoli, Nino D'Angelo: «Il 3 maggio abbiamo perso tutti» - Calcio News 24
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Napoli, Nino D’Angelo: «Il 3 maggio abbiamo perso tutti»

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Il cantante e regista partenopeo: «Non è più la mia partita: ai miei tempi era una festa»

NAPOLI ROMA SERIE A – «Quella partita non si doveva giocare. I tifosi sono importanti come società e giocatori. Unasquadra senza tifosi è come il calcio senza pallone. Non vale niente». Nino D’Angelo, storico tifoso del Napoli, è tornato a parlare di quella maledetta notte della finale di Coppa Italia, che ha visto gli azzurri trionfare sul campo ma perdere un tifoso, Ciro Esposito. E, alla vigilia del match con la Roma, rincara la dose: «Cosa hanno fatto le società in questi mesi? Niente. Mi aspettavo che organizzassero degli incontri tra le parti, coi giocatori più rappresentativi a metterci la faccia nel tentativo di rasserenare gli animi e mettere fine a questa assurda guerra». 

SENZA TIFOSI– Domani, al San Paolo, i giallorossi giocheranno senza tifosi. E alloggeranno vicino allo stadio, in modo da ridurre la probabilità di qualsiasi tipo di incidente: «Ed è anche per questo – spiega a La Gazzetta dello Sport – che non sento più mia questa sfida. La morte di Ciro mi ha scosso troppo. La vita viene prima di tutto. La vita è vita, di un napoletano, come di un romanista o un veronese. Non si tocca. E invece tutto va avanti come non fosse successo nulla: il calcio è diventato un business, una questione di soldi più che di fede. Ai tifosi vendono gadget, maglie, pantaloncini, ma poi nessuno si preoccupa di loro». 

ANNI PASSATI – Lui, cantante e regista, diresse «Quel Ragazzo della Curva B». In una scena, in particolare, si vedono fiumi di tifosi partenopei diretti verso lo stadio Olimpico, in quella che era considerata una festa per lo Sport: «Era l’anno del primo scudetto, girammo delle scene dentro e fuori dallo stadio, portai anche tuo fratello con me. Allora era tutto diverso, una festa del Sud, ci chiamavamo “cugini”. Roma e Napoli erano la risposta del meridione al potere del Nord. Due realtà molto vicine, due tifoserie che facevano della fede e l’amore per la maglia una ragione di vita. Ed era una festa. Non so come sia successo, ma di colpo le frange estreme dei tifosi hanno cominciato a covare odio. Napoli-Roma non è più una festa e dallo scorso maggio sarà sempre ricordata come la partita di Ciro Esposito. Non importa chi vince, perché quella maledetta notte del 3 maggio abbiamo perso tutti». 

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