L'anno in cui Bartelt disimparò a segnare - Calcio News 24
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2014

L’anno in cui Bartelt disimparò a segnare

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Smettere di fare gol con Zeman, El Facha ed il suo paradosso

L’arrivo nel calcio europeo: il successo, la fama, la possibilità di affermarsi nei campionati più seguiti del mondo sull’onda di una tradizione, quella argentina, forte nella storia del nostro calcio di nomi del calibro di Angelillo, Sivori, Batistuta, Balbo e Crespo. Si dovrebbe inserire qui, in questo solco, Gustavo Bartelt. Bartelt avrebbe tutto, persino le physique du role: biondo e coi capelli al vento, rimandi al Batistuta ed al Caniggia dei tempi d’oro, ed un bottino di 40 reti messe a segno tra All Boys e Lanus. E chi meglio di Zeman avrebbe potuto contribuire, nella stagione dell’arrivo in Italia di Bartelt, a far salire in modo esponenziale il numero di gol segnati dall’attaccante argentino? E la Roma, del resto, alla fine della stagione 1998/1999 risultò la squadra più prolifica dell’intera Serie A. Sulla carta tutto perfetto, tutto bello, ma come spesso avviene nel calcio gli ingredienti si mescolano alla fine nei modi più insospettabili ed il risultato non è quello che a priori ti aspetti.

Primi, e in effetti ultimi, sprazzi di bel gioco offerti da Bartelt in Italia

L’INIZIO DELLA FINE – Come in ogni delusione che si rispetti occorre raccontare anche un inizio illusorio: i pareri fiduciosi dei compagni e del presidente Sensi (che del resto investì 13 miliardi) e la capacità di ribaltare in dieci minuti la partita contro la Fiorentina capolista, con un assist, scatti e giocate di fino, raccontavano una storia che sarebbe poi rimasta soltanto nella fantasia dei tifosi, giusto il tempo di un paio di partite. La realtà si manifestò invece con tratti ben diversi. Zeman predicava prudenza nelle valutazioni e le sagge impressioni zemaniane si tradussero prontamente nei fatti: solo panchine per l’argentino se si escludono rari e brevi spezzoni a partita in corso per un totale di tredici presenze (una per miliardo) senza mai trovare la via del gol. La situazione non migliorò con l’arrivo di Capello sulla panchina giallorossa, anche a causa dell’approdo di un rivale del calibro di Montella: dopo sole tre presenze nel girone di andata, per un totale di ben venti minuti in campo, l’argentino si trovò dunque costretto a lasciare l’Italia in prestito per tentare la fortuna all’Aston Villa. Bartelt, nella sua esperienza inglese, rinnovò il valore del detto secondo cui non ci sarebbe limite al peggio: non solo zero gol messi a segno ma anche zero minuti collezionati in campo con la maglia dei Villans. La parziale gioia per il primo ed unico gol siglato in Europa, in prestito al Rayo Vallecano nella stagione 2000/2001, trovò un severo contrappasso nello scandalo passaporti che sarebbe da lì a poco esploso: due anni di squalifica per Bartelt, e fine definitiva dei sogni di gloria europei.

TORNARE NON SERVE – El Facha, sarebbe a dire “il bello”, riportò la chioma bionda in Patria ma una sorta di incantesimo sembrava a quel punto aver annebbiato ogni residua capacità realizzativa: dal 2003 al 2009, nelle sessantasei presenze collezionate con le maglie di Gimnasia La Plata, Gimnasia Jujuy ed All Boys, siglò la bellezza di due gol, tutti con la maglia dell’All Boys (prima ed ultima maglia della sua carriera) nella stagione 2008/2009. Nel 2011, dopo aver annunciato il ritiro, Bartelt tornò a sorpresa sui propri passi e si legò ancora alla squadra che lo aveva visto crescere: giusto il tempo di vestire per l’ultima volta la divisa bianconera per quindici minuti e salutare così il calcio, stavolta definitivamente, all’età di 36 anni. La storia di Bartelt, attaccante che perse il vizio del gol, si chiude così in un collage di paradossi: su tutti quello di aver smesso di segnare sotto la guida di Zeman, un vero ribaltamento di prospettive rispetto alle storie di bomber nati sotto la guida magica del boemo. Capelli al vento sprecati per un argentino che, sulle orme di Caniggia e Batistuta, smarrì attraversando l’Atlantico la strada per segnare.

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