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2016

Fa comodo pensare che Mancini sia un brocco

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Inter da Mancini a De Boer: l’analisi

Il solito colpo di spugna che mette d’accordo tutti: via Roberto Mancini, per separazione consensuale con il club, ed il dado è tratto. Tutti i problemi riscontrati dall’Inter negli ultimi venti mesi sono addebitabili al Mancio, che ora va via con la coda tra le gambe. Da perdente. E soprattutto da colpevole: l’Inter vantava un organico più strutturato dei deboli risultati ottenuti in questa parentesi.

ANALISI SOMMARIA – A prima vista potremmo anche chiuderla qui: del resto è quel che pensano in tanti, particolarmente nel nutrito gruppo di non tifosi nerazzurri. Perché invece, spulciando i social network nell’intero corso del pomeriggio, la realtà che emerge è differente: il popolo dell’Inter in buona parte ha compreso. Ha capito dove Roberto Mancini voleva spingere l’Inter e dove invece si è ritrovato costretto a fermarsi. Il resto lo fa sicuramente un andamento non da capogiro: complesso il re-ambientamento in corso d’opera due stagioni fa, ottima la partenza nella scorsa annata salvo poi franare sotto i colpi di un girone di ritorno oggettivamente inguardabile. L’eredità è un quarto posto che quantomeno certifica il ritorno in Europa e ritrovate ambizioni.

PERCHE’ ERA STATO RICHIAMATO – Walter Mazzarri non aveva lo status da allenatore dell’Inter: troppo lamentoso per i gusti di un popolo milanese che non ama piangersi addosso. Roberto Mancini in tal senso rappresentava una garanzia: aveva già vinto in nerazzurro ed era stato l’apripista di quel che poi è passata agli annali come la pagina più gloriosa della storia nerazzurra, vanta quel savoir-faire e quella consapevolezza nei propri mezzi che lo rendono un profilo altamente in linea con la proiezione passata, presente e futura dell’Inter. Le incomprensioni però hanno condizionato la storia del suo ritorno ed hanno condotto dritto fino al giorno d’oggi: scarsa comunicazione con i vertici societari, peraltro in continua mutazione, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è il secondo piano in cui è stato accantonato nell’avvicendamento ThohirSuning. Una vicenda che non ha retto: da lì scaturisce la discordante visione in tema calciomercato e soprattutto sotto il profilo della mission, con due idee ben differenti di Inter. Pronta – per fare la guerra alla Juve – quella di Mancini, da prospettiva quella dei cinesi.

FUTURO – L’analisi è dunque ben più complessa dell’improvviso rimbambimento di Roberto Mancini: può far comodo pensarlo per voltare pagina ed andare avanti, ma i problemi restano. Forti e chiari: si spiega solo parzialmente anche l’avvento di Erick Thohir, dopo poco più di anni già in procinto di passare in secondo piano. La sensazione forte è quella che all’Inter non si sappia con chi parlare. Proverà a fare chiarezza il prescelto: Frank De Boer. Basta la carriera da calciatore a raccontarne quella da allenatore: Ajax e Barcellona, impensabile confondersi. Si anticipano le tendenze, si prova a giocare il calcio del futuro, la via quella della qualità, dell’esaltazione della tattica ma al contempo del talento individuale, 4-3-3 come base e quel modello totale che ha fatto scuola e si arricchisce degli elementi dinamici che via via scaturiscono dalle nuove tendenze calcistiche. Il curriculum poi non mente: quattro campionati olandesi consecutivi, dal 2011 al 2014, l’epilogo thriller della scorsa folle Eredivisie. La scommessa è ben calcolata: si può essere sia dalla parte di Mancini che da quella di De Boer.

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