2009
Hernà¡n Medford, il Pellicano alla corte di Zeman
Hernà¡n Medford, nome completo: Hernà¡n Evaristo Bryan Medford, nasce a San Josè, la capitale della Repubblica della Costa Rica, il 23 maggio 1968.
Tira i primi calci nel settore giovanile del Barrio Mèxico, storico club proprio di San Josè, tra le cui fila resta per cinque anni, dal 1980 al 1985, mostrando promettenti margini di crescita.
Sale alla ribalta nel 1985, quando prende parte con la nazionale giovanile all’edizione del Mondiale Under-16 organizzato dalla FIFA in Cina.
Nonostante gli scarsi risultati della rappresentativa costaricana, Medford riesce comunque ad entrare nella storica calcistica del suo paese, realizzando nella sfida persa 4-1 contro l’Arabia Saudita, il primo gol dei “Ticos” in una competizione internazionale. Una piccola grande soddisfazione che lo inorgoglisce non poco e che ricorda con malcelata nostalgia: Ã?«Ho segnato il nostro primo gol in un torneo importante. à? stata davvero una bella esperienzaÃ?».
Sebbene sia la Nigeria di Jonathan Akpoborie a vincere la competizione, Medford, insieme ad altri giovani promettenti come la coppia di boliviani Erwin “Platini” Sanchez e Marco Etcheverry, Fernando Redondo, Andrè Cruz, Maurizio Ganz e il messicano Luis Garcia, ha modo di segnalarsi all’attenzione dei diversi scout internazionali, finendo nella Top 11 della competizione.
La sua carriera da professionista inizia nel 1986, quando, diciottenne, debutta con la maglia del Sagrada Familia nel 2-2 contro il Cartaginès. Una sola stagione tra i “grandi” è più che sufficiente a solleticare le attenzioni della società più prestigiosa e titolata del suo paese. L’anno seguente, infatti, passa al Deportivo Saprissa dove gioca fino al 1990, vincendo due campionati nazionali (1988-89 e 1989-90) e confermando gli unanimi giudizi degli addetti ai lavori sul suo conto, tanto da essere inserito nell’elenco dei convocati per l’imminente Coppa del Mondo.
In patria è considerato un eroe nazionale, una vera e propria icona del calcio costaricano, da quando con la maglia della nazionale maggiore ha realizzato all’88’ la rete decisiva nel 2-1 contro la Svezia, grazie alla quale la nazionale “Tricolor”, alla sua prima partecipazione ad un Mondiale e quasi priva di tradizioni calcistiche, passa inaspettatamente agli ottavi di finale di Italia “?90.
Al Campionato del Mondo in Italia, infatti, la “cenerentola” Costa Rica del giramondo Bora MilutinoviÃ?Â? è una delle rivelazioni del torneo. Il tecnico serbo, subentrato a qualificazione acquisita, prepara la squadra in quattro e quattr’otto e, nonostante un girone comprendente Scozia, Svezia e Brasile, riesce nell’impresa dal sapore di miracolo, di qualificarsi agli ottavi, dove i “Ticos” vengono eliminati dalla Cecoslovacchia di Tomà¡Ã?¡ Skuhravའ4-1.
Dopo le ottime prestazioni al Mondiale del 1990 Medford tenta il grande salto in Europa. Si accorda, infatti, insieme al compagno di squadra e di nazionale Rà³nald Gonzà¡lez, con la Dinamo Zagabria di Boban e Ã? uker, allora impegnata nel campionato Jugoslavo. A gennaio, però, passa al Rapid Vienna dove divide lo spogliatoio con giocatori del calibro di Michael Konsel, Andreas Herzog, il giovane Michael Hatz, Heimo Pfeifenberger; insomma, una buona parte dell’ossatura della nazionale austriaca. Il suo partner d’attacco è invece il nazionale norvegese Jan Aage Fjà¶rtof. I due sembrano davvero un duo ben assortito: alto e forte di testa uno, piccolino ma rapido e guizzante l’altro.
Nonostante la bontà della rosa, però, per il Rapid le cose in campionato non vanno benissimo, la squadra, infatti, si piazza solo al quarto posto, a nove punti dai rivali storici dell’Austria Vienna, vincitori del titolo. Se il cammino in campionato non soddisfa le attese della vigilia, lo stesso non può certo dirsi per la Coppa. I biancoverdi di Hans Krankl, infatti, arrivano in Finale, sicuri di mettere le mani sul trofeo.
Al Prater di Vienna, però, si consuma una clamorosa sorpresa. Lo Stockerau, modesta compagine, alla prima importante vetrina della sua storia, ribalta il pronostico che lo vede vittima sacrificale ai danni del ben più quotato squadrone di Vienna, e vince la Coppa battendo gli avversari per 2-1. Parte delle responsabilità della sconfitta ricadono proprio su Medford che sceglie proprio la finale di Coppa Austriaca per farsi sventolare sotto il naso il primo cartellino rosso della sua carriera. Resta questo l’ultimo ricordo che lascia ai tifosi austriaci.
La stagione successiva, infatti, si trasferisce in Spagna, al Rayo Vallecano, in seconda divisione, dove gioca un eccellente campionato, mettendo a segno 6 reti in 30 presenze e contribuendo al secondo posto finale che vale la promozione nella Liga, per la squadra guidata del neo tecnico Josè Antonio Camacho. à? proprio da Madrid che la dirigenza del Foggia lo preleva per portarlo in Italia.
Stagione 1992-93, Pasquale Casillo, presidente del “Foggia dei miracoli”, d’accordo con Zeman, smantella completamente la squadra che tanto bene aveva fatto l’anno prima, a partire dal trio d’attacco: Rambaudi, Baiano, Signori (incassando, ovviamente, cifre da capogiro). La ricostruzione, secondo i piani, doveva passare attraverso un nugolo di giovani sconosciuti, pescati soprattutto nelle serie inferiori. Così tra i nuovi arrivi oltre ai vari Di Biagio, Seno, Bresciani, spunta pure il nome di Hernà¡n Medford, ennesima scommessa del direttore sportivo Pavone.
Il ventiquattrenne Medford non è il primo costaricano a sbarcare in Italia. Prima di lui, infatti, c’erano stati: Angelin Bernini che aveva giocato col Genoa negli anni ’20 e Anco Marcio Vargas, ala di Carrarese e Pisa sul finire degli anni ’40. Il suo acquisto, però, desta comunque curiose attenzioni mediatiche, proprio a causa dell’insolita provenienza.
Le caratteristiche del velocissimo attaccante esterno, che in patria chiamano il Pellicano, sembrano, ad ogni modo, ben sposarsi con la filosofia di gioco zemaniana, che prevede in avanti due ali rapide e intercambiabili. Prima dell’inizio della stagione, con un pizzico di spavalderia, Medford si definisce addirittura “un giocatore da Milan”. La durezza del campionato italiano, però, lo smentisce clamorosamente. L’esperienza con i Satanelli, infatti, non è fortunata. Il costaricano trova difficoltà nell’ambientarsi in Italia, ma soprattutto nell’integrarsi con il “Sistema-Zeman”.
Fa il suo esordio alla prima giornata proprio contro il Milan. L’allenatore boemo lo lancia nella mischia per cercare di recuperare l’1-0 con il quale i rossoneri di Capello stavano conducendo il match, entra al 72′ senza però riuscire a dare un contributo per ribaltare il risultato, che resta immutato fino al 90′. La prima da titolare è alla quarta di campionato, in casa contro l’Udinese, mentre il suo primo e unico gol lo realizza la giornata successiva a Brescia. Medford con il passare del tempo piuttosto che scalare le gerarchie finisce spesse volte addirittura in tribuna.
Alla fine della miracolosa stagione i “militi ignoti” del Foggia, dopo una serie di memorabili imprese (come la vittoria sulla Juve e il relativo tripudio di folla), centrano una comoda salvezza. Il costaricano però, resta la mosca bianca nella stupefacente annata dei ragazzi di Zeman, collezionando soltanto 12 presenze e 1 gol.
Chiusa dopo solo un anno la sua avventura in Italia, Medford decide di fare le valige, lasciarsi alle spalle il flop italiano e ritornare in patria. Riveste la maglia del Deportivo Saprissa, con il quale vince il suo terzo campionato costaricano (1993-94) e la prima CONCACAF Champions’ Cup nella storia del club (1993), consacrandosi definitivamente come idolo indiscusso per i tifosi del “Mostro Viola”.
L’ennesima parentesi fuori dai confini nazionali si consuma poi in Messico, dove resta per una buona parte della sua carriera, giocando prima per il Pachuca, club che successivamente ritira la sua maglia numero 17 (dopo la realizzazione del centesimo gol), e poi per Leà³n e Necaxa.
A trentacinque anni suonati ritorna per l’ennesima volta al Deportivo Saprissa dove però a causa di insanabili contrasti con il tecnico Manuel Keosseian non ha modo di concludere il campionato. Decide così di chiamarsi definitivamente fuori dai giochi, ritirandosi dalle scene calcistiche.
La carriera di Medford con la maglia della nazionale è stata parecchio fortunata, ma anche ricca di curiosi aneddoti. Come quella volta in Colombia (2001) per la fase finale della Copa America quando, da capitano della squadra una volta entrato negli spogliatoi dello stadio di Medellin, prima della partita contro l’Honduras, si accorge di aver messo tutto nella borsa tranne che le scarpette! Una tragicomica disattenzione che fortunatamente si risolve con una spericolata corsa di un dirigente della nazionale in albergo, aggrappato dietro a una moto della Policia Nacional.
Il “mito” di Medford si arricchisce di un nuovo capitolo durante le qualificazioni per il Mondiale del 2002. Il 16 giugno del 2001 al glorioso stadio Azteca, infatti, il Costa Rica incontra i padroni di casa del Messico, imbattuti in casa da una sfilza di incontri. Il match si mette subito bene per il Messico, in vantaggio con Abundis al 7′, Rolando Fonseca, tuttavia, al 72′ pareggia. Sembra dover essere questo il risultato finale. All’ 80′, però, Guimarà£es tira fuori la sua punta di diamante, Paulo Wanchope, per inserire proprio Medford, il quale dopo soli sei minuti dal suo ingresso in campo realizza uno storico gol che vale la vittoria.
Travolto da un fiume di emozioni il sempiterno attaccante, finita la partita, dichiara spavaldo: Ã?«Il Messico non è più il “gigante” calcistico dell’areaÃ?», sollevando, a causa del tono provocatorio, un vespaio di polemiche visto e considerato che proprio in terra messicana Medford aveva trovato le maggiori fortune.
Per i costaricani, però, si conferma uno straordinario campione: Ã?«L’importante è stato essere una parte della gioia calcistica del mio paese. Il calcio significa tanto per la gente di quaÃ?», dichiara, orgoglioso, al rientro in patria.
La qualificazione al Mondiale di Corea-Giappone del 2002 consente a Medford di diventare il primo calciatore costaricano a mettere piede nella fase finale di due diversi Campionati del Mondo, tra l’altro a distanza di dodici anni l’uno dall’altro.
Chiude con la nazionale dopo quindici anni di onorato servizio (vi aveva esordito il 13 dicembre del 1987 in Costa Rica – Corea del Sud 2-1), con 89 presenze e 18 gol. Il suo nome, in seguito ad un sondaggio fatto tra i tifosi, da parte di un quotidiano sportivo del Costa Rica, è stato inserito (risultando essere, tra l’altro, il più votato) nella squadra dei migliori giocatori costaricani degli anni ’90, insieme ad altri big come Paulo Wanchope, Mauricio Solàs, Luis Gabelo Conejo, ecc.
Dopo il suo ritiro da calciatore, nel 2003 ha cominciato la sua carriera da allenatore. La prima panchina sulla quale si siede altra non poteva essere se non quella del Deportivo Saprissa, squadra appena salvata da una profonda crisi finanziaria dal magnate messicano Jorge Vergara.
Pur essendo alle prime armi guida il club con grande successo ad un bel filotto di vittorie. In tre stagioni porta a casa, infatti, due campionati nazionali, la Copa Interclubes UNCAF e la CONCACAF Champions’ Cup, successo questo che gli permette di partecipare al Mondiale per Club in Giappone, nel dicembre 2005, in cui il Saprissa si piazza terzo, perdendo unicamente con il Liverpool campione d’Europa.
Il 30 ottobre 2006, dopo essere stato nominato migliore allenatore della CONCACAF, batte la concorrenza di diversi tecnici, tra cui Beppe Dossena e Giuseppe Materazzi, e diventa C.T. della Nazionale del Costa Rica (Under-21 compresa) prendendo il posto di Alexandre Guimarà£es, dimessosi dopo il fallimentare Mondiale 2006 in Germania. Obiettivo che la Federazione costaricana gli impone di raggiungere è la qualificazione al Mondiale del 2010 in Sud Africa. Il suo primo banco di prova è Coppa UNCAF del 2007, vinta ai rigori contro Panama. Purtroppo, però, l’esperienza sulla panchina costaricana, dopo una striscia di 11 partite senza vittorie termina con l’esonero nel 2008.
Non tarda molto a ritrovare una panchina, visto e considerato che accetta la proposta del Leà³n. Pochi mesi in Messico dopo di che l’esonero. Attualmente è l’allenatore del Liberia Màa, club di prima divisione del campionato costaricano.
Hernà¡n Medford ha rappresentato, e rappresenta tutt’oggi, il giocatore più importante a livello internazionale nell’intera storia del calcio del Costa Rica. Un giudizio di tale rilevanza gli è dovuto in quanto ha segnato un’era calcistica per il suo paese, essendo stato lo spartiacque tra il calcio semiprofessionistico dei primi anni ’90 e quello attuale, che rappresenta una florida realtà nel panorama internazionale. Ciò non toglie però, che in Italia, eccezion fatta per quanto fatto vedere al Mondiale, non è riuscito ad affermarsi, risultando essere solo un elemento di folklore piuttosto che un fattore importante per il Foggia di Zeman. 
Ecco alcuni video di Medford: