Aldo Biscardi, la figlia Antonella: «La Var è la sua vittoria più grande, raccoglieva le firme per la moviola in campo. Quella volta che al Processo del lunedì si collegò Pertini...»
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Aldo Biscardi, la figlia Antonella: «La Var è la sua vittoria più grande, raccoglieva le firme per la moviola in campo. Quella volta che al Processo del lunedì si collegò Pertini…»

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Le parole della figlia di Aldo Biscardi, noto giornalista, sull’utilizzo della Var nel calcio di oggi ed in Serie A. Tutti i dettagli

Aldo Biscardi è stato uno dei volti più popolari della narrazione calcistica della Serie A in tv. Il suo Processo aveva una grandissima audience e ha prodotto a cascata tantissime trasmissioni di calcio parlato. Il Corriere della Sera ha intervistato la figlia Antonella.

LA MOVIOLA IN CAMPO«Da inviato per Quelli che… il calcio, nonostante i 78 anni, girava gli stadi raccogliendo firme su dei quadernoni. La Var è stata la sua vittoria, ha fatto in tempo a vederla ma non a godersela. É il mio rimpianto più grande».
COSA É RIMASTO DI LUI«La scorsa stagione abbiamo ripreso il suo Processo del lunedì. Siamo alla trentanovesima edizione, andiamo in onda sul circuito Netweek. La squadra è composta da me, mio fratello Maurizio, Dana Ferrara, alcuni giovani ragazzi e storici collaboratori di papà. Proviamo a capire cosa farebbe lui oggi, ne portiamo avanti lo spirito modernizzandolo. Le sue rubriche sono rimaste intatte, la scheda di Fabrizio Bocca, il Moviolone, le bombe di mercato…».
NON MI VOLEVA GIORNALISTA «Da grande tradizionalista molisano, anche un po’ maschilista, mi voleva insegnante come mamma: “Così potrai badare alla famiglia”. Ma ero cresciuta con il ticchettio della sua Olivetti 32. “Sappi che non ti aiuterò mai” diceva. Alla fine mi laureo in architettura, l’altra mia grande passione. Ma cocciuto lui, cocciuta io. Il lunedì sera iniziai ad andarlo a trovare in studio».
AL PROCESSO SI COLLEGO’ PERTINI«Era il 2 gennaio 1986, Selva di Val Gardena, -23 gradi. Papà cercò di parlare col portavoce, ma alla fine intervenne il Presidente in persona. “Mi dica cosa vuole Biscardi. In diretta? Va bene, ci sarò”. Ero in regia, c’era grande attesa. “Chissà se verrà davvero”, ci chiedevamo. Doveva essere un siparietto breve, rimase per oltre due ore, congelandosi».
LAVORARE CON LUI«Pretendeva molto, la redazione era sempre sotto stress. Voleva la perfezione, la preparazione. Non ti diceva mai “bravo”, ma col tempo ti sentivi migliorato. Era il primo ad aver subito una certa rigidità in famiglia, per svolgere al meglio una professione riteneva necessario lo studio. Di chi vedeva disposto al sacrificio diceva “questo farà strada”. Così è stato».
A CASA«Era molto riservato, anche nei gesti. Quando partiva per un Mondiale o un Europeo e stava via per più di un mese, chiamava me e mio fratello. “Quanto hai preso a scuola? 8? Perché non 10?”. Nostra madre Elsa sorrideva: “Non ci fate caso, è il suo modo di dare affetto”. Ma era un uomo estremamente ironico. Le interviste dovevano essere serie, ma poi giocava con gli ospiti a Tressette».

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