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Inchiesta curve Inter e Milan, Severgnini: «Smettiamola di chiamarli TIFOSI, chi picchia non lo è. I due club devono farsi un ESAME DI COSCIENZA»
Beppe Severginini ha commentato con grande fermezza i fatti riguardanti l’inchiesta sulle curve delle milanesi
Sul Corriere della Sera, Beppe Severgnini, giornalista tifoso dell’Inter, squadra alla quale ha dedicato diversi libri, interviene sull’inchiesta in corso relativa ai malaffari delle due curve di San Siro:
TIFOSI – «Smettiamo di chiamarli tifosi. Chi uccide non è un tifoso. Chi picchia, minaccia e ricatta non è un tifoso. Chi specula sulla passione di tanti ragazzi innamorati di una squadra non è un tifoso. È un delinquente, e alle sue colpe bisogna aggiungere questa: sporca un bellissimo romanzo popolare, capace di divertire e consolare tanta gente. Risse, pestaggi, estorsioni. Un omicidio, e non era il primo. Patti con i clan. Associazione per delinquere con l’aggravante dell’associazione mafiosa».
SOCIETÀ – «Un esame di coscienza devono farlo Inter e Milan. Intimorite, minacciate, ricattate: certo. Le conseguenze delle azioni dei tifosi durante le partite, per la norma della responsabilità oggettiva, ricadono sulle società. E il sostegno delle curve si sente, in campo: guai se manca. I pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Paolo Storari e Sara Ombra, parlano di «atteggiamenti variabili tra agevolazione colposa e sudditanza». Provo a tradurre: le società conoscevano il mostro, e hanno cercato di blandirlo. Ma i mostri si sfidano, blandirli non serve. La comprensione, per certa gente, è debolezza. Il compromesso, un’occasione per chiedere di nuovo e di più»