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Italia, Chiellini: «La finale a Wembley il giorno più bello della mia vita sportiva; Vialli era speciale»

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Giorgio Chiellini è stato il capitano dell’Europeo vinto dall’Italia nel 2021: il suo ricordo alla vigilia dell’inizio di Euro 2024

Giorgio Chiellini, ex difensore e capitano dell’Italia campione d’Europa e della Juve, ha rilasciato una lunga intervista a Oggi. Di seguito le sue parole sulla vittoria del 2021.

EUROPEO 2021 – «È stato il giorno più bello della mia vita sportiva. Ricordo l’ansia la notte prima della partita. I tifosi inglesi vennero a disturbare in albergo, con fuochi d’artificio. Ma io li delusi, perché dormii benissimo. Poi la colazione, l’allenamento. Eravamo nelle stanze usate dai giocatori del Tottenham e ricordo che mia figlia fremeva per parlarmi, prima che partissi per lo stadio».

DELUSIONI PIU’ GRANDI – «La partita con la Svezia, che ci costò la partecipazione ai Mondiali del 2018. Anche quella quattro anni dopo con la Macedonia fu dura, ma almeno avevamo alle spalle gli Europei vinti. Con la Svezia fu una tragedia, era la prima volta dal 1958 che non ci qualificavamo. Per molte notti non ho dormito. Dovetti riprendere a giocare con la Juve, ma ero frastornato, deluso, amareggiato. Pensai di lasciare la Nazionale, mi convinsero il fisioterapista e Oriali. Già Buffon e De Rossi avevano deciso di farlo, ma anche loro mi chiesero di prendere tempo e di pensarci meglio. Avevano ragione. Vedi il valore dell’ascolto?».

MANCINI – «All’inizio ero preoccupato. Non lo conoscevo bene e lui era stato allenatore dell’Inter, storica avversaria della Juve. Un avversario tosto, anche ruvido. Non sapevo se gli piacevo, ero pronto a farmi da parte. Ma lui fu chiaro sin dall’inizio: ‘Conto su di te, finché te la senti andiamo avanti insieme, al contrario ce lo diremo sinceramente’. Avevo 34 anni, allora. Ma la cosa strana della mia carriera è che il momento migliore è stato quello, tre anni di forma smagliante corroborata da una saggezza che non avevo. Mancini ci diceva sempre che avremmo vinto Europei e Mondiali, noi lo prendevamo per pazzo. Nel primo caso ha avuto ragione. È stato lo chef di quel piatto stellato, sapeva sempre come mescolare gli ingredienti, cosa aggiungere e togliere».

VIALLI – «Voglio raccontarti questo, per dire dell’uomo che era. Luca doveva iniziare l’ultimo ciclo di cure. Lo ha rinviato per stare con noi. Dopo la vittoria si è fermato a Londra per curarsi, non è venuto a festeggiare a Roma. Per lui, la Nazionale veniva prima della sua salute. Era una persona speciale. Sapeva usare i toni, alzarli o abbassarli nel momento giusto. Era una persona profonda, ispirata. Lui accoglieva chi veniva a Coverciano con un libro nel quale erano riportate frasi di campioni del passato sul significato della maglia azzurra. Un po’ come ha fatto Spalletti facendo incontrare i suoi ragazzi con i numeri dieci più importanti della storia del calcio italiano. Radici, memoria, senso di responsabilità, coscienza di quello che la maglia azzurra significa per l’intero paese».

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