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50 anni di Roma e MaraZico: le 7 cose di Bruno Conti che abbiamo dimenticato
Domenica c’è stato l’omaggio della Roma per i 50 anni di Bruno Conti in giallorosso: lo raccontiamo attraverso 7 notizie
Maglia numero 7 incorniciata, la Roma l’ha consegnata attraverso la Ceo Lina Souloukou a uno dei miti della storia giallorossa, uno dei giocatori che più hanno corso a perdifiato per andare a raccogliere l’abbraccio della Curva Sud. Una storia lunga mezzo secolo quella tra Bruno Conti e il club, che ha salutato il suo pubblico, ha sventolato una bandiera con il suo nome e ha ringraziato con queste parole: «Grazie alla società per avermi fatto venire qui all’Olimpico dopo cinquant’anni di passione e amore per questa maglia. Grazie! Forza Roma».
Per onorare un grande campione scegliamo sette notizie minori, di quelle che magari non si ricordano. Da tenere a mente, invece, è il suo soprannome MaraZico, a racchiudere il meglio del suo calcio, espresso nel 1982 quando venne considerato il miglior giocatore del Mondiale da un certo Pelé.
1) Nel post partita del famoso gol di Turone è uno di quelli che getta acqua sul fuoco: «Non ho visto la moviola, non posso esprimere un giudizio. Però vorrei dire una cosa ai tifosi delle squadre e a noi stessi: è perfettamente inutile recriminare, serve solo ad alimentare pericolose polemiche. A questo punto tutti dobbiamo guardare con maggiore serenità al futuro. D’accordo, la partita poteva decidere le sorti del torneo. Ma non è un dramma. Per noi nulla è perduto, ma soltanto rimandato». Sarà stato pure un altro calcio, ma uno così era diverso pure per l’epoca.
2) L’assist contro la Juve. Un suo cross in una gara del 1975 all’Olimpico mette in ansia Francesco Morini, che spedisce il pallone all’incrocio per una delle autoreti più imparabili mai viste su un campo di calcio.
3) «Bruno Conti per l’estro e Rossi per la furbizia»: è la risposta del polacco Zibì Boniek su quale italiano gli sia piaciuto di più al Mondiale del 1982.
4) Ai tempi in cui era Presidente del Consiglio, il romanista Massimo D’Alema lo elegge a «campione della Nazionale che più ho ammirato».
5) Per far capire il valore del giocatore e della Roma in cui ha giocato, nel 1998 Pietro Vierchowod fa questa constatazione per accostare due epoche diverse: «Con un paio di quei giocatori, magari Falcao e Bruno Conti, qualsiasi formazione di centro classifica sarebbe oggi nella scia dell’Inter capolista».
6) Angelo Di Livio ha dichiarato come la sua finta, ripetuta centinaia di volte, con tacco all’indietro mentre si corre davanti per avere lo spazio per crossare, l’ha presa dal suo idolo Bruno Conti. Massima fonte di ispirazione per migliaia di ragazzi. Lui lo ha conosciuto e ammirato dal vivo. Ce ne sono tantissimi che lui ha scoperto e portato a Trigoria che lo hanno visto solo in qualche filmato dell’epoca, apprezzandone di persona la straordinaria umanità, una qualità per la quale è amato da tutti, anche non romanisti.
7) A Messico ’86, Enzo Bearzot lo sostituisce alla prima gara contro la Bulgaria per fare entrare Gianluca Vialli. Nessun tono polemico, lui giustifica la sua opaca prestazione così: «Credo di aver sofferto un handicap nervoso. Siamo rimasti in campo venti minuti, prima di iniziare: inni, balletti, discorsi. E voi mi conoscete. Io non riesco a stare fermo. Venivo dalla solita notte bianca che precede ogni mia partita. Non cerco scuse: soffrivo marcature assillanti, ma questo è il prezzo che un giocatore conosciuto paga al Mondiale». Per poi concludere il ragionamento regalando una di quelle frasi dove ci si mette in terza persona, proprio come faceva spesso Diego Armando Maradona: «Io non mi sostituirei mai. Bruno Conti dovrebbe sempre restare in campo».