Calcio Estero
Di Canio: «Ho rifiutato l’offerta di Mancini di fargli da vice in Arabia»
Paolo Di Canio ha rivelato di aver rifiutato l’offerta di Mancini di seguirlo in Arabia Saudita per fargli da secondo
Paolo Di Canio, in un’intervista a La Stampa, ha rivelato di aver rifiutato un’offerta per andare a fare il vice di Roberto Mancini in Arabia Saudita. Di seguito le sue parole, anche sulla sfida di questa sera di Wembley e il caso scommesse.
NO AI PETRODOLLARI – «Non solo a quelli perché sarebbe stata un’importante esperienza in un calcio che investe per crescere e affermarsi: Roberto Mancini non mi aveva proposto un ruolo marginale, mi voleva come secondo allenatore in campo per addestrare e migliorare i calciatori. La sua stima mi ha inorgoglito anche perché non abbiamo un rapporto speciale: qualche partita a padel, due chiacchiere e nulla più, quindi se ha pensato a me è perché crede nelle mie idee e nel mio lavoro. Voglio ringraziarlo, insieme al responsabile dei contratti della AFF Abdallah: non è stato facile decidere, ho tentennato a lungo, alla fine ho scelto di seguire il cuore».
OPINIONISTA – «Con un contratto lungo, quattro anni compreso questo, e nuovi progetti. I vertici di Sky mi hanno confermato tutta la loro stima e fiducia. Li avevo avvisati della proposta: era anche balenata l’ipotesi di conciliare le due attività, ma se faccio una cosa voglio dedicarmi in modo totale a quella».
LA FESTA AL WEST HAM – «Una sensazione bellissima. Già nel 2016 mi aveva messo i brividi partecipare alla cerimonia di chiusura di Upton Park, durante la quale un mio gol al Wimbledon fu premiato come il più bello mai realizzato in quello stadio, ma c’erano tante Legends: stavolta eravamo io, le mie figlie Ludovica e Lucrezia e il mio nipotino Lorenzo Maria vestito con il completino degli Hammers. Sarà che invecchiando si diventa più sensibili, ma mi sono emozionato. A me piace voltarmi indietro, è una malinconia gioiosa».
INGHILTERRA MEGLIO DELL’ITALIA – «Sì, e non lo dico io: lo dicono i nomi dei calciatori e i loro club. Se Bonaventura a 34 anni, meritatamente, riconquista la nazionale, vuol dire che il livello non è altissimo: negli ultimi anni, in fondo, ha giocato in Conference. Ma nulla è scontato: mi fido delle capacità di Spalletti che anche a Napoli ha raggiunto un traguardo storico ottimizzando le qualità individuali. Senza contare che per molti azzurri l’Italia moltiplica gli stimoli perché vale una dimensione internazionale mai avuta nei club, e che l’Inghilterra, pur fortissima, qualcosa in difesa concede».
NIENTE GIOVANI IN NAZIONALE – «La priorità, adesso, è raggiungere l’Europeo. E, insisto, se Bonaventura gioca così bene, deve stare nel gruppo a prescindere dall’età. Poi avranno spazio: in Italia mancano i campionissimi ma ci sono dei talenti».
BELLINGHAM IL PIU’ FORTE AL MONDO – «Sì. Fa tutto e lo fa in modo eccellente. Certe sue giocate non riuscirebbero a 9 grandi giocatori su 10».
SCOMMESSE – «Che c’è troppo buonismo, si tende a comprendere e giustificare. Premesso che bisogna aspettare l’esito dell’inchiesta e rispettare chi soffre di malattie come la ludopatia, voglio essere schietto: se qualcuno, con il mondo davanti, fortunato, rischia di sciupare tutto per comportamenti leggeri è un coglione, non un poverino. E se vengono accertate responsabilità, oltre agli organi federali anche le società devono punirli. Sennò come al solito si fanno solo belle parole».