Baggio: «Il calcio italiano non è mai andato via. La mia carriera, Guardiola e la Serie A: dico tutto» - Calcio News 24
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Baggio: «Il calcio italiano non è mai andato via. La mia carriera, Guardiola e la Serie A: dico tutto»

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Roberto Baggio, presente sul palco del Festival dello Sport di Trento, ha rilasciato una lunga intervista: le sue dichiarazioni

Roberto Baggio si è così raccontato dal palco del Festival dello Sport di Trento.

ESPRIMERE BELLEZZA – «Personalmente ho sempre giocato con una passione infinita, cercando di seguire un po’ quello che avevo imparato in allenamento. Non dimentico mai che se non mi fossi allenato duramente non avrei fatto quello che ho realizzato nella mia vita. La passione ti porta al di là di qualunque muro invalicabile. Questo ti fa andare oltre i limiti, credo non ci sia mai la percezione di essere qualcosa di differente, di fare qualcosa che altri non sanno fare. Ho sempre voluto far divertire la gente, era il mio scopo principale. E’ stata una spinta infinita. Certe cose ti vengono naturali, per qualcun altro invece no. Il lavoro è fondamentale, uno non si sveglia la mattina e fa qualcosa di straordinario. C’è sempre un lavoro, la determinazione, una perseveranza anche in questo. Non credo venga così per caso. Lo dicono tutti gli artisti, dietro c’è sempre la base del lavoro, da lì non si scappa. Chi dice il contrario dice una bugia».

GOL PIU’ BELLO – «Tanti mi dicono un gol alla Juve quando giocavo nel Brescia. Però non lo so, faccio fatica a trovarne uno. Anche quelli fatti a un metro erano importanti, hanno tutti un significato».

GIOCATORI CHE NON GLI PIACCIONO – «Io guardo la sostanza. Fare gol non è facile per nessuno, dietro c’è sempre un grande lavoro. Già questo basta a dare valore a chi finalizza il lavoro di un gruppo. Ne ho fatti poi di gol brutti. Ne ricordo alcuni che non volevo fare. Cercavo il cross per un compagno, nessuno l’ha toccata ed è entrata in porta. Capita ogni tanto».

CHE SQUADRA GLI PIACE – «La Fiorentina ha fatto tanto, mi piace molto l’allenatore. Lo scorso anno mi piaceva moltissimo il Napoli, giocava il miglior calcio con Inter e Milan ma aveva qualcosa in più. Speriamo Spalletti lavori in pace e che abbia il tempo di farci vedere lo stesso calcio».

CALCIO ITALIANO – «Io penso che l’Italia non se ne sia mai andata. Abbiamo perso un Mondiale in una partita dove l’Italia meritava di vincere e ha preso un gol a tre minuti dalla fine. Il calcio è strano, una squadra che vince l’Europeo deve andare al Mondiale di diritto. E’ come se l’Argentina che aveva vinto la Coppa America fosse stata esclusa, sarebbe stato catastrofico. E’ una cosa da rivedere questa».

GUARDA TANTE PARTITE – «Dipende dai momenti, mi guardo gli highlights su YouTube che sono la parte più bella. A me ora piace molto Lautaro Martinez. Lo avevo visto giocare in Argentina. Dopo l’esclusione dal Mondiale di qualche anno fa disse che aveva avuto tempo per andarci. In coppia con lui? E’ il simbolo dell’Inter, è su ogni palla oltre a fare i gol. E’ davvero straordinario».

ALLENATORI – «Per conto mio tutti vogliono giocare ora. Il problema dell’Italia è che un allenatore, per quanto possa programmare, perde tre partite e viene cacciato. Siamo troppo legati al risultato. Giochi male, vinci e poi vai in conferenza a dire quello che vuoi. Poi non vediamo il lavoro dietro a una squadra che cresce. Inzaghi sta facendo benissimo, Pioli anche. Alla fine vince uno solo e sembra gli altri siano tutti scarsi, ma in Italia c’è il calcio più difficile e non a caso alcuni non vogliono venirci».

VAR – «Si mi piace, è giusto. Noi quante volte vediamo un’azione e giudichiamo? Poi torni indietro, rivedi e ti sei sbagliato. Dà credibilità al calcio. In America poi lo fanno da tutta la vita in tutti gli sport».

RISULTATO – «Avevo una tendenza a pensare che non avrei mai potuto perdere. E’ una malattia che accompagna noi sportivi».

AMICI NEL CALCIO – «Ho molti amici, ma viviamo in città differenti e non ci frequentiamo. Ma sono legato a tanti. Guardiola era allenatore già quando giocava, aveva già la testa. E’ stato non un fenomeno, di più. Ha allenato il Barcellona e grandi giocatori, ma ha rivoluzionato tante cose. E’ un merito infinito, oggi non credo ci sia uno che può arrivare a tanto. Ovunque va le sue squadre giocano bene al calcio».

IL GESTO PIU’ BELLO – «Non lo so in particolare. Quando avevo il pallone ero il più felice del mondo, qualsiasi cosa mi divertiva. Fare un lancio, un gol, fare fare gol. Qualunque cosa partiva da lì era una gioia infinita».

COSA GLI HA LASCIATO IL CALCIO – «Mi ha insegnato che comunque non si deve mai mollare nella vita, le sconfitte e le sofferenze che incontriamo se le sappiamo cogliere diventano un trampolino per realizzarci. A 18 anni non lo capivo, con il tempo ho capito che se non passiamo tramite quella sofferenza non creiamo qualcosa di valore».

COSA NON RIFAREBBE – «Non ritirerei il rigore a Pasadena. Non sono più tornato in California, anche perchè dovevo andare a ricercare il pallone. Mi è bastato quel giorno. Poi è la vita».