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Buon compleanno a… Carlos Valderrama

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Valderrama

Quelli di una certa età, che l’hanno visto giocare con la maglia della Colombia dal 1985 fino al 1998, sanno perfettamente che è stato un simbolo del calcio del suo Paese

Oggi Carlos Valderrama compie 62 anni. Quelli di una certa età, che l’hanno visto giocare con la maglia della Colombia dal 1985 fino al 1998, sanno perfettamente che è stato un simbolo del calcio del suo Paese, capace di stupire Italia ’90 e di far sognare un popolo come non era mai successo prima. Ma anche i più giovani, magari quei giocatori che l’hanno visto che erano bambini o ne hanno sentito parlare nelle storie di famiglia, lo considerano il punto di riferimento, anche sentimentale oltre che tecnico. A riprova, vi è la dichiarazione del calciatore più rappresentativo dell’altra generazione del suo Paese che ha entusiasmato, quella del Mondiale in Brasile nel 2014, capace di andare oltre quanto ottenuto 14 anni prima e di arrestare la propria corsa solo ai quarti di finale, massimo risultato ottenuto dai Cafeteros.

Perciò, James Rodriguez, classe 1991, non ha dubbi quando gli chiedono chi sia il suo idolo, sentendosi peraltro in ottima compagnia, parte di una maggioranza che sfiora l’unanimità: «Per me, come per qualsiasi altro in Colombia, l’eroe è Valderrama». Ricevendo in cambio, sei anni dopo, quando con Zinedine Zidane le cose alla Casa Blanca non andavano meglio, un consiglio netto, espresso a Caracol Radio: «James Rodrgieuz è già grande per prendere decisioni. Ha la qualità per giocare in qualsiasi squadra del mondo. Credo abbia perso qualche anno al Real Madrid senza giocare. Ha giocato in Colombia e in Argentina. In Spagna è stato il miglior giocatore della squadra nel suo primo anno. Poi è arrivato un allenatore e non gli è piaciuto. Ecco che è andato in Germania ed è stato bene. Fossi in lui andrei in Inghilterra».
Con 111 presenze in nazionale, ma ancor più con l’aurea delle sue giocate, Valderrama ha rappresentato un’epoca con la quale fare necessariamente i conti. L’ex milanista Carlos Bacca, prima di arrivare in Italia e un anno dopo il Mondiale del 2014, non ha esitato a sostenere che quella definibile per l’appunto come «generazione James» fosse meglio del mito degli anni ’90. Probabilmente per una ragione. Probabilmente il Gullit biondo, insieme a gente del calibro di Higuita, Rincon e il “nostro” Asprilla che ha deliziato Parma, avrebbe potuto andare oltre, non farsi fermare dal primo turno a eliminazione diretta con il Camerun. Mentre quella che si è vista fermare dal Brasile, ha davvero sputato sangue per fare l’impresa, in una gara durissima, caratterizzata da 54 falli (il più eclatante dei quali tolse di mezzo Neymar), mostrando una tempra e un carattere che non aveva quel calcio cadenzato, lento e vagamente ipnotico, proposto da Valderrama e i suoi. Stabilito questo standard di determinazione, non si è andati più indietro. Tanto che lo stesso «Gullit biondo» – lo chiamavano così ed era anche questo un modo per ingrandire la leggenda – alle qualificazioni per il Mondiale del 2018 ha attaccato Freddy Guarin con un’accusa che non avrebbe mai formulato alla sua epoca. E lo ha fatto in diretta tv, senza peli sulla lingua (non è certo il tipo, del resto): «Guarin non ci ha messo né carattere né gli attributi: lui si è dimenticato che il capitano di una nazionale in campo deve ammazzarsi. Se vuole tornare qui, deve guadagnarselo. Se Guarin accetta, inizierei a contare le partite in cui ha giocato male con la Colombia: non deve mettersi contro di me. Quando uno indossa la fascia di capitano deve dare tutto e mostrare gli attributi, lui non ce li ha».

Ma è stato davvero un fuoriclasse Carlos Valderrama o lo ha favorito proprio la sua capacità di entrare nell’immaginario collettivo come icona pop? Domanda difficile, certo da non proporre a un suo connazionale. Un po’ di anni fa, De Telegraph lo ha inserito tra i 20 giocatori più sopravvalutati della storia (primo Balotelli; lui diciannovesimo; secondi e quarti due colmbiani: Radamel Falcao e Faustino Asprilla).

Nel 2004, nell’ambito dei festeggiamenti per il centenario della Fifa, Pelé ha stilato la lista dei 100 più forti di tutti i tempi e lui lo ha inserito, unico rappresentante del suo Paese. E forse non c’è altro da aggiungere, per farsi un’idea del suo spessore tecnico, al di là dell’immagine pittoresca, soprattutto per noi europei che sui riccioluti abbiamo sempre uno sguardo un po’ ironico, quasi fossero tutti parenti di Diego Abatantuono…

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