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Dentro le parole di Scanavino: ecco perché Allegri resta alla Juventus

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L’analisi sulla conferma in panchina di Massimiliano Allegri alla Juventus dopo le parole di Maurizio Scanavino

É finita come molti tifosi della Juventus temevano e tanti osservatori, di fede bianconera o neutrali, pensavano: Allegri resterà sulla panchina del club per il 2023-24. Tra i primi, prevaleva l’idea che due anni senza nulla in bacheca meritassero e ancor più imponessero un cambio di gestione rapido, come è capitato spesso nel corso della storia: se vincere non è importante ma è l’unica cosa che conta, perdere è delittuoso per una società – e per lo stesso mister – abituato a farlo. Tra i secondi l’idea egemone era che in un’annata impossibile come quella appena vissuta Max avesse dimostrato di possedere capacità che sono andate ben oltre il “semplice” ruolo dell’allenatore. Ed è esattamente questo ciò di cui si pensa abbia bisogno non solo la squadra, ma soprattutto una società che è stata affaccendata soprattutto in questioni politiche e giudiziarie: disperdere anche questo patrimonio verrebbe considerato grave, uno spreco insensato.
Prendendo spunto dalle parole dell’amministratore delegato Maurizio Scanavino, proviamo a capire i motivi fondanti di questa conferma, tralasciando per un attimo la questione contrattuale ed economica che certamente ha un ruolo rilevante in tutta la vicenda. Per farlo, scegliamo due passaggi del suo ultimo discorso. Non per fare dietrologie, ma per sostanziare con qualche riflessione una scelta così importante.

1) «Abbiamo incontri o contatti quotidiani da sempre con Allegri. In questi mesi abbiamo attraversato insieme questa bufera e il nostro rapporto nato solo pochi mesi fa si è consolidato in tempi molto rapidi». Il messaggio può sembrare ovvio, ma non lo è. Intanto perché vuole trasmettere un’idea di presenza della società laddove molti hanno detto, scritto o pensato che l’allenatore della Juventus fosse rimasto solo, o addirittura isolato, in tutti questi mesi. Anche il profilo basso tenuto nella comunicazione relativa alle penalizzazioni e a tutto ciò che ne è conseguito, oggi appare non più come una negazione del livello di gravità della crisi attraversata. Utilizzando il termine «bufera», si fa capire cosa ci sia stato in gioco. E si dà rilevanza, perciò, a chi in questa vicenda ha operato per salvare il salvabile, compreso quindi anche l’allenatore. Non si esprime riconoscenza, che potrebbe sembrare una forma di commiato. Piuttosto, si insiste sull’idea di un rapporto consolidato. Come dire: Allegri è stato scelto dai vecchi dirigenti e sono loro che gli hanno fatto firmare un rapporto di lavoro di 4 anni. Ma adesso lui è un uomo “nostro”, perché nella quotidianità ci sono stati «momenti di confronti, in rari casi anche accesi, però sempre con la volontà di critica costruttiva, spesso autocritica, con la volontà di fare il meglio per la squadra, i giocatori e la società». Il sottinteso, probabilmente, è che attraverso questa pratica, che immaginiamo dolorosa, siano cresciuti anche i dirigenti; e che questa mole di lavoro, questa asprezza nel confronto sia stata apprezzata, venga considerato un modo di procedere utile per crescere o quantomeno per costruire delle basi di ripartenza. C’è anche un altro modo per dirlo, anche se ovviamente non si può richiedere un livello di così estrema sincerità all’amministratore delegato: noi abbiamo più bisogno di Allegri, di un uomo di campo che ci faccia crescere offrendoci le coordinate, di quanto lui di noi. E, infatti: «Siamo riusciti con questa conferma, non necessaria, di Allegri a mettere dei punti fermi». Il piano cartesiano della Juventus lo offre l’allenatore, l’unico in grado di valutare quali giocatori abbiano dimostrato di essere uomini capaci di navigare in tempi di burrasca. Prescindendo, quindi, dalla resa tecnica, giudicata un elemento meno valutabile data l’eccezionalità della situazione.
2) Il secondo passaggio è l’omissione. Non si parla di un obiettivo preciso, non si fa riferimenti a vittorie o tanto meno a uno scudetto da andare a riconquistare dopo 3 anni di assenza dalla lotta al vertice. Semmai, si ammette, che sarebbe auspicabile «un gioco migliore rispetto a quanto visto negli ultimi tempi». Prima di questa frase, Scanavino ci mette un «magari». Sa bene anche lui, evidentemente, che se questa è l’aspettativa di cambiamento da parte dei tifosi, la conferma di Allegri non offre una risposta certa.

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