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Buon compleanno a… Paul Pogba

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Pogba

Oggi Paul Pogba compie 30 anni. E probabilmente l’umore – calcisticamente parlando – è davvero nero. Come quello che ha mostrato fuori dal J Medical quando gli hanno riscontrato una nuova lesione di basso grado all’adduttore e non si è concesso alla tradizionale sessione di autografi chiedendo scusa perché «non ho la testa».

Del resto, sono mesi che il Polpo, la grande speranza di rinascita dell’estate juventina, somiglia a un giocatore finito e si sprecano i commenti ironici sul suo conto. Che lui sia una rockstar del pallone, e come tale in grado di reggere il palco anche in un concerto stonato, è certo. Ma qui non si suona mai e girano in rete meme tra l’acido e il divertente dove anche il singolo si sente in diritto – qualcuno di più: in dovere – di prenderlo in giro proclamando: «Sto facendo una stagione da top player. Ho fatto gli stessi gol in A di Pogba e ho solo due presenze meno di lui». E dire che, appena lo si è visto in campo giusto per un barlume di derby si è iniziato a dire che solo il suo ingresso sul rettangolo verde era stato sufficiente per scaldare lo stadio e cambiare le cose. Quasi avesse un potere il suo essere un’apparizione perché tale è stata, a parte qualche ulteriore minuto all’Olimpico, Paul è tornato nel luogo del nulla che sta caratterizzando la sua stagione.

Per certi versi, Pogba ha finito per diventare l’incarnazione del -15, il buco nero nel quale è precipitata la Signora, dal quale peraltro sta cercando faticosamente di uscire mostrando segni di vitalità e carattere. Forse perché Allegri ha realmente imparato, in questa stagione tra l’assurdo e l’allucinante, a spostare di volta in volta le coordinate temporali variando i punti di riferimento. Così si è passati da una prima fase nella quale gli inciampi in campionato e in coppa si giustificavano in parte ricorrendo all’attesa messianica di Paul, risolutore di ogni imbarazzo, alla speranza che ancora pochi giorni e risorgerà. Fino ad arrivare alla situazione più beffarda: ok, è tornato, ma si è presentato in ritardo all’appuntamento. Un evento commentato da Domenico Marocchino ricorrendo proprio al fattore età come aggravante: «Da un giovane ce lo si può aspettare anche, ma da uno così esperto, con la sua nomea speri sempre sia il primo a dare l’esempio».

Detto da uno che in una Juve realmente monastica come quella Bonipertiana non era propriamente puntuale è un surplus di condanna, un giusto raddoppio della pena. Nulla di fintamente moralistico, è semplicemente una constatazione che funziona da corretta interpretazione dei fatti. Ancor più perché nel conto dei giorni d’assenza, che in maniera ricorrente si è fatto nell’ultimo anno, non c’è solo il drammatico rapporto costi/benefici che pesa come milioni di macigni. A “condannare” Paul, ad averlo anche allontanato un po’ dal cuore dei tifosi, c’è stata quella colpa originaria di diventare medico di se stesso, finendo per non essere utile alla Juve senza peraltro riuscire a partecipare al Mondiale.

In fondo proprio Qatar 2022 spiega la progressiva decadenza di Pogba (fa impressione scriverlo, ma con i 30 anni si può, a 29 no…). Prima della spedizione, Hugo Lloris non nascondeva l’entità del vuoto lasciato da uno che – giova ricordarlo – aveva segnato nella finale precedente: «È un giocatore molto importante, fondamentale per la squadra. Da qualche mese è alle prese con gli infortuni, la scorsa stagione ha giocato poco. Certo, sarà una grande assenza». Poi, una volta che si era lì e si vedeva la Francia essere assolutamente competitiva, all’ennesima domanda sul compagno che non c’era il portiere aveva indicato persino il suo sostituto: «Abbiamo sottolineato l’assenza di Kanté e di Pogba, ma non abbiamo detto che ci sono altri giocatori pronti a caricarsi di altre responsabilità, ad essere maturi, ad avere l’esperienza per prendere il comando: Rabiot ha questo profilo. Dopo quello che sta facendo da qualche mese con la Juventus è pronto e lo ha già fatto vedere».

Ecco, se ci pensate un attimo, in fondo è tutto qui. Vi ricordate le parole di Paul al momento del ritorno a Torino?

Lo avreste mai detto che meno di un anno dopo la gente della Juve – per dirla alla Andrea Agnelli – sarebbe stata molto più in ansia per la conferma del Duca che per la riapparizione del Polpo?