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Torino Milan, la vittoria granata del work in progress
Torino-Milan non è una partita spiegabile attraverso i gol. E neanche, a ben guardare, attraverso gli episodi più eclatanti sotto porta, se si prescinde dalle due palle gol che ha avuto Leao nei primissimi minuti. Fallite quelle, è come se il Milan avesse smarrito la sua lucidità. E
forse anche Pioli ci ha messo del suo, con le sostituzioni a inizio ripresa che hanno drammatizzato le lacune del primo tempo assumendole come bocciature definitive. Contemporaneamente, il Toro ha capito la lezione. E quegli spazi centrale, quei corridoi che sembravano annunci di tracollo rapido, non si sono proprio più visti. Di fatto, non ha
concesso più nulla o quasi.
E questo è un grande merito, che illustra quello ancora più gigantesco: i granata la gara l’hanno vinta come un work in progress. Hanno aggiustato passo dopo passo cosa non funzionava. Finendo per dimostrarsi superiori a una delle big del campionato, come da tempo non capitava. Un ottimo segnale, soprattutto per la Coppa Italia che verrà nel 2023. Perché se fosse questo l’atteggiamento, non ci sarebbe da stupirsi nel vedere finalmente la squadra di Juric protagonista, possibile sorpresa di una competizione che a ogni anno qualche candidatura nuova la presenta. E perché mai non potrebbe essere il Torino, che agli ottavi si misurerà proprio contro il Milan? Dicevamo dei gol, tutti episodici (nel senso buono). Perché il Toro non aveva ancora segnato da palla inattiva e invece Djidji si è comportato come se fosse una consuetudine piazzare quel pallone proveniente da Lazaro.
Perché il 2-0 di Miranchuk nasce da un rinvio di Milinkovic sul quale il Milan è apparso ancora in stato confusionale per lo svantaggio che evidentemente non riteneva nel novero delle possibilità. E, infine, perché il 2-1 ha quel tanto che ancora permane di differenza tra calcio
di campo, di panchina, di sala Var e di tv, 4 ambiti non coincidenti: percezioni diverse tra Buongiorno e Messias (fallo o malizia?), Juric che protesta e si fa espellere, l’esperto Marelli che lo dichiara irregolare e il Var che invece non interviene. In caso di 2-2 se ne sarebbe dibattuto per un po’, invece è bene premiare nei ragionamenti del post la crescita del Toro.
Alla vigilia Juric aveva negato che fosse la partita della svolta. Forse il sottinteso era che la sua squadra non ne avesse bisogno e ci fossero già i presupposti per un salto di qualità che fosse solo un passo in più. Del resto, si era reduci dalla vittoria di Udine, non proprio un avversario morbido. Il Toro ha sconfitto il Milan perché è passato dall’essere costretto ad accettare la dimensione fisica dalla maggiore capacità di palleggio avversario all’imporla costantemente e con risultati più che positivi. Anche sul piano morale, ogni contrasto vinto ha accresciuto quello granata e scalfito quello rossonero. Ma non è stata questione di tremendismo. I 3 punti sono arrivati per un’applicazione che non ha mai smesso un secondo di funzionare.
Basta vedere il dopo 2-1: laddove si poteva entrare nel panico, è stato proprio in questa fase che si è esaltato il sistematico raddoppio, i contrasti di forza, la reattività sulle palle contese. Tanto è vero che non c’è stato un solo vero pericolo dalle parti di Milinkovic e dire che mancava ancora metà del secondo tempo da giocare più recupero. Anche nel tenere i nervi a posto il Toro è sembrato una squadra che ha portato a termine i lavori in corso vincendo meritatamente.