Editoriale
Allegri sì o Allegri no, ma il pesce Juve puzza dalla testa
La Juve si interroga sull’ennesima sconfitta di un inizio di stagione imbarazzante: le colpe di Allegri non devono oscurare quelle della società
Sono ore e giorni cruciali per il destino di Max Allegri e della sua Juve. Che forse non lo sarà più tra non molto, perché la spirale negativa in cui la Vecchia Signora si è incastrata non sembra aver più fine. Ma il disastro conclamato non può e non deve essere solamente ascrivibile all’allenatore che, ahimè, il più delle volte è il solo a pagarne le conseguenze.
Chiaro, le colpe del livornese sono palesi: squadra senza nerbo, senza gioco e senza identità. E non è certo una novità dopo più di un anno poco convincente. Ma le radici dei recenti fallimenti sono antiche e bisogna risalire al percorso delle ultime quattro stagioni.
Anzitutto le scelte proprio dei condottieri sono state contraddittorie: i progetti di rivoluzione con Sarri e Pirlo mai difesi fino in fondo e abbandonati a loro stessi, per poi riscoprire la restaurazione targata Max che si sta rivelando il peggiore degli scenari.
Ma non che il mercato sia stato granché soddisfacente se, da Cristiano Ronaldo in poi, la spesa complessiva per gli acquisti ha sfiorato i 650 milioni di Euro. Un’enormità, anche al netto delle parecchie cessioni. Quanti dei nuovi arrivi hanno davvero sbalordito e giustificato l’investimento?
Dall’addio di Marotta la rotta è stata ondivaga e nemmeno la separazione da Paratici, che pur è stato compartecipe di scelte infelici, ha portato serenità e progettualità. Anche perché i rispettivi sostituti, Arrivabene e Cherubini, devono ancora dimostrare di meritare il ruolo. E proprio l’ex dirigente della Ferrari negli ultimi giorni ha regalato il peggio di sé: la battuta ai tifosi su Allegri un boomerang che va ancor più a delegittimare il tecnico.
Cosa dire, poi, di Pavel Nedved: al netto della libertà di far ciò che si vuole nella propria vita privata, la proliferazione di video “scomodi” toglie indiscutibilmente credibilità alla sua figura. Con che occhi i calciatori nel chiuso dello spogliatoio possono accettare consigli e ordini da un vicepresidente che si comporta in quel modo?
Insomma, Andrea Agnelli ha perso la bussola della sua società: se non la ritroverà, sarà impossibile riaprire un ciclo vincente. Sempre ammesso che non sia lui per primo a cambiare direzione…