Hanno Detto
Sassuolo, Maxime Lopez: «Ho detto no al Liverpool, ora mi diverto in Serie A»
Il centrocampista del Sassuolo Maxime Lopez ha parlato della sua carriera fino a questo momento
Maxime Lopez, centrocampista del Sassuolo, in una intervista a La Gazzetta dello Sport ha parlato della sua carriera e della sua esperienza in neroverde fino a questo momento.
ALTEZZA – «Dai 13 ai 16 anni l’altezza è stata un problema. Mi allenavo bene, poi alla domenica restavo in panchina. Non ho mollato e adesso eccomi qui. Mi sono ispirato ai campioni del centrocampo che non erano alti: Xavi, Iniesta. E poi il mio idolo è Messi…».
PRECISIONE – «Precisione è quando un passaggio consente al mio compagno di guadagnare un tempo di gioco».
TROPPI TOCCHI – «Io riguardo in tv ogni mia partita e a volte succede. Comunque il contatto costante con la palla fa parte del mio gioco. A me piace avere la palla molto più che rincorrerla».
ZIDANE – «Un riferimento. Conosco molto bene la sua famiglia, il mio miglior amico è suo nipote. Ho buoni rapporti con i suoi figli. Con quella frase mi rese felice».
ESEMPIO FRATERNO – «Sì, Julien ha fatto molti errori dai quali io ho capito come comportarmi. Da giovane giocava nel Montpellier e pensava di più a fare festa che ad allenarsi. Ha pagato l’atteggiamento. Al calcio devi dedicarti completamente».
VICINO A BARCELLONA E LIVERPOOL – «Sto facendo il mio percorso. Al Liverpool ho detto di no io: mi hanno proposto il contratto, ma avevo 16 anni e non me la sentivo di andare via di casa. Così restai al Marsiglia. Anni dopo sembrava che il Barcellona volesse prendermi. Io sono tifoso del Barça, sarebbe stato un sogno. Ma andò diversamente».
RUDI GARCIA – «Il primo ad aver avuto fiducia in me, nel Marsiglia. Abbiamo un rapporto quasi padre-figlio».
DE ZERBI – «Confesso che non sapevo molto del Sassuolo. Mi ha telefonato, mi ha raccontato il suo calcio ed era come il mio. C’è sempre stato un ottimo feeling tra di noi».
DIONISI – «Dionisi mi ha dato le chiavi del gioco. Ma sulla tattica sto lavorando molto: era quello che mi serviva. Alla squadra devo dare l’organizzazione. Devo leggere le situazioni, mantenere l’equilibrio e fare le chiusure preventive».
POCHI GOL – «Segno poco e mi dispiace. Ma il gol alla Juve è stato decisivo. Ero stanco, ma qualcuno nella mia testa mi ha detto “vai”. Berardi mi ha dato una palla straordinaria e io, mentre correvo verso Szczesny, ho deciso di fare lo scavetto perché i portieri di solito escono bassi. Un sogno. E ne ho un altro: la Francia. È una nazionale piena di campioni, mi piacerebbe dimostrare di essere… all’altezza».