Hanno Detto
Ibrahimovic: «Ero del Napoli, poi De Laurentiis cacciò Ancelotti. Conto aperto con Materazzi»
L’attaccante del Milan Zlatan Ibrahimovic si è raccontato in una lunga intervista al Corriere della Sera
Zlatan Ibrahimovic, attaccante del Milan, si è raccontato in una lunga intervista al Corriere della Sera tra presente e passato.
NAPOLI – «Maradona è un mito. Vedendo un documentario su di lui avevo deciso di andare al Napoli, per fare come Diego: vincere lo scudetto. Ero stanco dell’America. Pensavo di smettere. Raiola mi disse: sei matto, tu devi tornare in Italia. Con il Napoli era fatta; ma poi De Laurentiis cacciò Ancelotti. Allora chiesi a Mino: qual è la squadra messa peggio, che io posso cambiare? Rispose: ieri il Milan ha perso 5 a 0 a Bergamo. Allora è deciso, dissi: andiamo al Milan. È un club che conosco, una città che mi piace».
MATERAZZI – «Entrava da dietro per fare male; e noi calciatori capiamo subito quando uno entra per fare male o semplicemente entra duro, come Chiellini, come Stam, come Maldini… Paolo era cattivissimo. Se voleva farti male sapeva come fare. Ma lo evitava, perché metteva la sua giusta cattiveria al servizio della squadra. Con Materazzi avevo un conto aperto da anni. L’ho saldato in un derby. Quello entra a piedi levati, io salto, lo evito, e lo colpisco con una gomitata alla tempia. Pippo Inzaghi commentò: ‘Il più bel derby della mia vita: 1 a 0, gol di Ibra, Materazzi in ospedale’. Ovviamente stava scherzando».
MILAN – «All’inizio in allenamento non correva nessuno. Li ho affrontati uno per uno, e non in disparte, davanti agli altri: in allenamento bisogna ammazzarsi di lavoro. Se io corro, se io mi ammazzo, il mio compagno correrà e si ammazzerà per me. L’hanno capito tutti, tranne uno. Leao all’inizio non mi dava retta. Ci è arrivato per conto suo. Infatti è molto migliorato».
ALLEGRI – «Col Milan in Champions avevamo perso 3 a 0 con l’Arsenal e lui era tutto contento. È vero che avevamo passato il turno, ma non c’era nulla da ridere, e gliel’ho fatto notare. Mi ha risposto di pensare a me, che ho fatto cagare. Gli ho ribattuto che aveva fatto cagare lui: per paura si era portato due portieri in panchina… Allegri è bravissimo a gestire lo spogliatoio, ma doveva avere più coraggio: andare al Real Madrid, misurarsi con l’estero. Invece ha fatto la scelta comoda».
LUKAKU – «Derby di Coppa Italia. Lui litiga prima con Romagnoli, poi con Saelemaekers; io intervengo per difendere i compagni, e Lukaku mi attacca sul piano personale. Da restare choccati. Eppure eravamo stati compagni al Manchester. Lukaku ha un grande ego, è convinto di essere un fuoriclasse ed è davvero forte. Ma io sono cresciuto nel ghetto di Malmoe, e quando qualcuno mi viene sotto a testa bassa, lo metto al suo posto. Così l’ho colpito nel suo punto debole: i rituali della mamma. E lui ha perso il controllo. Anche se mi è rimasto un dubbio atroce… Quel derby l’abbiamo perso. Io sono stato espulso. Poi mi sono infortunato. Sono successe un sacco di cose storte. Vuoi vedere che il rito Lukaku me l’ha fatto davvero? Così ho chiesto agli amici credenti di pregare per me. Devo saldare il conto anche con lui. Spero di incontrarlo presto. Per strada? Ma no, sono cose che vanno risolte in campo. Io non odio nessuno, tanto meno Lukaku».
BERLUSCONI – «Troppo simpatico. Una domenica sono in tribuna a San Siro, mi fa sedere accanto a lui. Poi mi fa: ‘Ibra, ti dispiace scalare di un posto? Sta venendo una persona molto importante’. Io scalo, scala anche Galliani. Penso che stia arrivando un politico. Invece arriva una donna bellissima, su tacchi impressionanti. Berlusconi mi strizza l’occhio: ‘Persona molto importante…’. E forse per lui lo era davvero».
DONNARUMMA – «Gigio è un grandissimo portiere. Se gli avessero dato quel che chiedeva, sarebbe rimasto al Milan. Ora deve fare casino per essere titolare nel PSG. Non esiste che i sudamericani impongano quell’altro. Gigio è più forte».
GUARDIOLA – «Non mi ha mai capito. Voleva programmare tutto quello che dovevo fare. Mi veniva un gesto d’istinto, ma poi pensavo a quello che voleva Guardiola, e cambiavo. Così pensavo doppio. Guardiola non ama i giocatori di personalità. Ero diventato un problema; e siccome non riusciva a risolverlo, l’ho risolto io, andandomene».
FUTURO – «Il futuro un po’ mi preoccupa. Con i 40 anni è arrivata un po’ d’ansia. Farò l’allenatore? Non lo so, è così stressante… Farò qualcosa capace di darmi adrenalina. Ma finché reggo, faccio il centravanti. Voglio giocarmi lo scudetto fino all’ultima giornata. E andare al Mondiale in Qatar».
PLUSVALENZE – «È solo agli inizi, è presto per giudicare. Posso dirle che io su tasse, bilanci, soldi sono attentissimo, pago bene le persone che se ne occupano».
CALCIOPOLI– «Moggi con me è stato il top. Quei due scudetti li abbiamo vinti e nessuno ce li può togliere. Nessuno può cancellare il sudore, la fatica, la sofferenza, gli infortuni, i gol. Per questo, quando dicono che in carriera ho vinto undici scudetti, li correggo: sono tredici. Moggi era uno che incuteva soggezione, anche se non a me. Come Berlusconi».