Calcio italiano
Gravina attacca: «Lega fuori da FIGC? Sorrido e invito a studiare di più»
Gabriele Gravina ha parlato durante Sport Industry, talk online organizzato da Rcs Academy: le sue dichiarazioni
Gabriele Gravina, presidente FIGC, ha parlato durante Sport Industry, talk online organizzato da Rcs Academy. Le sue parole riportate da Calcioefinanza.it.
ATTACCO – «Qualche presidente di Serie A vuole uscire dalla Figc come fatto dalla Premier League? Se qualcuno ha perso la propria capacità di esercizio del potere nella Figc e pensa di sviluppare rancore offuscando la logica di altri soggetti, che dovrebbero reagire in maniera più decisa, mi amareggia. Ma rispondo solo con un sorriso invitando a studiare di più. Reagisco con un sorriso, che copre l’amarezza per l’incapacità di qualche soggetto nel sapere fare proposte progettuale differenti dalla semplice ricerca di una foglia di fico per coprire le proprie responsabilità. Da un lato non si conoscono le regole del nostro sistema, probabilmente devono studiare un po’. Se il modello è quello della Premier League io sarei felicissimo. Se dovessero approfondire questo argomento scoprirebbero che la Premier è fuori dalla federcalcio inglese, ma la FA ha diritto di veto su tutto. Se la richiesta è di essere commissariati, basta far richiesta, noi interveniamo».
LEGA FUORI DALLA FIGC – «Mi stupisce che qualcuno possa convincere gli altri che uscire dalla federazione sblocchi la situazione. Ma la Lega di A ha mai fatto proposta concreta, qual è la proposta? Arroccarsi rimanendo su 20 società, in blocco assoluto, posizionando diritti sul mercato senza valorizzazione? La logica sembra solo quella di preservare quel potere acquisito nel tempo, legato a una posizione rancorosa verso la Figc. Io sono molto preoccupato quando sento parlare di riunioni informali, dove sento che hanno all’ordine del giorno progetti ma poi si parla di rapporti negtivi con la Figc. Abbiamo mai bloccato lo sviluppo della Lega Serie A in qualche modo?».
CALCIO ITALIANO – «Il calcio italiano ha bisogno di una rivoluzione culturale, ha bisogno di cambiamento, che fa paura e non viene accettato né condiviso. È diventata un’esigenza del nostro mondo. A partire dalla riforma del calcio, perché credo ci sia un eccessivo numero di squadre professionistiche, anche perché sono inserite in un contesto surriscaldato. Tanti puntano a difendere quello che hanno, più che cercare promozione. Non credo che tema sia legato alla riduzione delle squadre, ma soprattutto legato a una nuova concezione di intendere i diversi livelli. Bisogna incidere sulla riforma prevista nei decreti attuativi sulla nuova figura del lavoratore sportivo. Il nostro compito è quello di mettere insieme tutte le idee».