Baggio: "Mai capiti i problemi con Lippi, Sacchi e Capello" - Calcio News 24
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2009

Baggio: “Mai capiti i problemi con Lippi, Sacchi e Capello”

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Un Cincinnato del pallone che lascia il “buen retiro” in mezzo alla campagna per spiegare la sua arte ai giovani giocatori italiani in uno dei momenti più difficili del nostro calcio. Così il magazine ufficiale della Champions League, realizzato dall’Uefa, descrive Roberto Baggio alle prese col nuovo incarico di presidente del Settore tecnico della Figc iniziato la scorsa estate. “Non voglio limitarmi a un lavoro di facciata – dice il Divin Codino intervistato in esclusiva da “Champions” – ma sono determinato a lasciare un segno sul lavoro futuro degli allenatori alle prese con i giovani calciatori. Dovrò seguire oltre 35.000 tecnici e io stesso ho preso il patentino da allenatore di settore giovanile per essere pronto a questo compito e capire meglio come posso migliorare le cose. Ma non diventerò mai allenatore professionista. Troppe tensioni. Non voglio rovinare la nuova armonia della mia vita famigliare”.

Il Pallone d’oro 1993, non abbandona del tutto la parte del Cincinnato: “Vivo a diretto contatto con la natura tra i boschi e le mie terre in mezzo all’amore della mia famiglia e dei miei amici d’infanzia. E vado a caccia perchè, come diceva Hemingway, aiuta a ristabilire il tuo rapporto intimo col resto del mondo. Sono stato in giro per troppi anni: ritiri, allenamenti, partite, viaggi, pullman, scadenze e pressioni. Ho lasciato perchè ero arrivato a un punto di saturazione anche a causa degli infortuni alle ginocchia. Non dimenticatevi che ho fatto tutto solo con una gamba e mezza”.

Ma poi è tornata la voglia di dare qualcosa al calcio: “Adesso ho recuperato le forze, fisicamente e mentalmente, e sono pronto per questa nuova sfida. Sono pieno di entusiasmo. E posso offrire i miei consigli ai giovani. Soprattutto sul modo di affrontare le avversità  e le pressioni che esistono agli albori della carriera”. E il suo passato ha già  identificato il modello giusto per il presente: Leo Messi in mezzo all’orchestra del Barcellona. “In Italia tutti giocano come chiedono i tifosi che vogliono solo vincere. In Spagna e Sud America invece il calcio è soprattutto spettacolo. Una volta ho visto in televisione i tifosi del Boca Juniors incitare la squadra e festeggiare come se stessero vincendo lo scudetto. Invece stavano perdendo 4-0. Mi sono innamorato di quei colori. E prendete Messi. Gioca come un bambino al parchetto. Il suo calcio è indipendente da tattiche, compagni e avversari. Senza cadere nell’egocentrismo perchè regala assist e passaggi. La sua fortuna è quella di avere un allenatore come Guardiola. Conosco bene Pep dai tempi del Brescia. Tutto quello che riguarda il Barcellona mi fa impazzire”.

Il suo ex compagno di quella formidabile squadra di provincia – negli anni insieme a loro al Rigamonti hanno giocato Toni, Di Biagio, Mauri e Matuzalem – incarna la figura del buon allenatore, così diverso dai vari Sacchi, Capello e Lippi con i quali Baggio si è scontrato nel corso della carriera: “Non ho mai capito davvero il motivo di tutti questi problemi con loro. Forse erano gelosi dell’amore della gente nei miei confronti. Mi volevano bene anche i tifosi avversari. Forse rubavo loro la scena in un’epoca nella quale gli allenatori sono sempre più protagonisti, quasi più della squadra e dei campioni. Il calcio moderno tende a esaltare il narcisismo di chi siede in panchina”. Invece Baggio vuole tornare a mettere al centro il gioco nella sua inimitabile essenzialità : “Ammiro Michel Platini che lo sta facendo da presidente Uefa. Il cuore di ogni business intorno a questo sport deve essere prima di tutto il calcio sul campo. E le decisioni devono essere prese nell’interesse dei veri protagonisti: i calciatori. Platini mi definì “un nove e mezzo”? Aveva ragione. Giocavo tra centrocampo e attacco, ho segnato tanti gol e dato molti assist”.

Alla fine il rimpianto è sempre uno solo: quel rigore calciato alto a Pasadena nella finale del Mondiale 1994: “E’ finito tre metri sopra la traversa. Qualcosa di incredibile per uno come me che non aveva mai calciatori fuori un rigore. Al massimo me l’ero fatto parare dal portiere. I tifosi brasiliani hanno sempre detto che si è trattato di un evento soprannaturale. Ringraziano Ayrton Senna perchè dicono che solo lui, morto due mesi prima in gara a Imola, dal paradiso poteva guidare quel pallone fuori dai pali”. E con questa spiegazione anche quell’errore fa molto meno male.

Fonte | di Stefano Scacchi per “La Repubblica”