2019
Napoli, Sarri alla Juve e nazionale col tiki-taka: non vincere e lasciare il segno si può
Mentre la città si spacca sul passaggio di Sarri alla Juventus, per De Laurentiis e il Napoli resta la consapevolezza di averne azzeccata un’altra
La cosa la si sapeva e in parte era stata metabolizzata, ma quando poi arrivano i comunicati ufficiali tutto ha un percepito diverso. La Juventus, dunque, ha mandato via Allegri per prendere l’avversario dell’unico scudetto veramente contestato negli ultimi anni. Una scelta con tanti significati noti a tutti, è che non è necessario approfondire ulteriormente. Il Napoli dal canto suo, a un anno di distanza ha avuto simbolicamente indietro tutto ciò che in qualche modo gli era stato tolto dai troppi che avevano sottovalutato la grandezza della sua stagione 2017/2018, soltanto perchè terminata al secondo posto. Seppur con 91 punti, uno in più della Juve di CR7, 12 in più del Napoli di Ancelotti: insomma, un’enormità.
Quella che molti, con poca onestà intellettuale, avevano fatto passare per una semplice stagione da vice campioni, si è rivelata un anno dopo per quel che era realmente: una pagina significativa della storia recente del calcio italiano. A rinforzare questa sensazione, oltre alla scelta rivoluzionaria della Juve, è il nuovo corso attraverso cui la nazionale si è ripresa dagli anni di crisi più profonda, con il progetto di Mancini nel segno del bel gioco, del 433, del possesso palla dettato da Jorginho, dei tiri a giro di Insigne. La delusione che i tifosi del Napoli provano in questo momento nulla potrà togliere alla grandezza di quanto fatto da Sarri, come allenatore, all’ombra del Vesuvio; e oltre ai meriti del nuovo tecnico bianconero, sarebbe sciocco non riconoscere quelli della società e del presidente De Laurentiis che ebbe la brillante intuizione di ripartire da un nome all’epoca così poco quotato per ricostruire il progetto inciampato tutt’a un tratto sulle macerie lasciate da Benitez.
Adesso però il Napoli è nelle mani di Ancelotti, l’uomo a cui è chiesto l’arduo compito, forse improbabile, di risolvere tutti i conflitti interni riunendo la passione del pubblico unicamente attorno alla squadra, possibilmente tornando a toccare con mano un trofeo, e di trofei, a Napoli ce ne è soltanto uno che ancora oggi pesa più di tutti gli altri. Cosa manca allora al Napoli, che pur è riuscito a ritagliarsi uno spazio di tale influenza in un’epoca dominata nell’albo d’oro soltanto dalla Juve, per arrivare a compiere lo step finalmente vincente? Un’avversaria diversa, probabilmente, ma anche ritrovare un po’ di competitività propria perduta nell’ultima stagione. Colpa non solo del cambio allenatore e della chiusura di un ciclo, ma anche di qualche singolo che ha trainato il carro per anni e che probabilmente adesso non ne ha più. Alcuni di questi giocatori sono stati i leader di una squadra che, anno dopo anno, per tre stagioni consecutive ha siglato il record di punti nella storia del club. Gli uomini che verranno scelti per trascinare invece il Napoli di domani, non potranno non essere scelti tenendo conto di questa responsabilità. Questa sarà l’estate in cui chiarirsi definitivamente le idee sul cosa si può e si vuol fare da grandi.