Champions League
Marchisio: «La Juve pensava di aver già vinto la Champions con Ronaldo»
L’ex centrocampista della Juventus, Claudio Marchisio, torna a parlare dell’eliminazione dalla Champions dei bianconeri
L’attuale centrocampista dello Zenit San Pietroburgo, Claudio Marchisio, è stato protagonista di una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. Nel corso di questa, Marchisio ha commentato, dopo il post Instagram dell’altro giorno, l’eliminazione dei bianconeri dalla Champions. Ecco le sue parole: «C’erano grandi attese, costruite anche giustamente dentro e fuori la Juve. Con Ronaldo si pensava di aver eliminato quel poco che mancava per vincere la Champions. Per quel che ho visto quest’estate prima di lasciare Torino, tutto girava attorno a lui, perché alzava il livello di ogni giocatore e dava tantissima autostima. Ma un campione, per quanto immenso, non ti può dare la certezza di vincere. Il sogno è andato in frantumi perché non si era messo in discussione questo: il calcio non è una scienza esatta».
«La festa Scudetto? Sicuramente per l’ambiente e per i tifosi potrà essere una giornata diversa da come uno se l’aspettava, ma un professionista sa riconoscere l’importanza del momento e quindi esploderà la gioia per il lavoro svolto. Deve essere così anche per il tifoso: se la storia in Champions è sfortunata, la parte positiva è che la Juve continua a vincere. E non è una cosa scontata. La mia avventura allo Zenit? Non sto giocando per una frattura al menisco del ginocchio non operato e stiamo decidendo se recuperare senza intervento. Ma questa esperienza mi ha colpito in tanti modi diversi, dalla mentalità, alla cultura del lavoro, dal modo di vivere il calcio. Aveva ragione Buffon. Mi ha detto che se avesse saputo prima che il calcio all’estero era vissuto in modo così diverso, ci sarebbe andato con qualche anno d’anticipo. Vivi una vita diversa, assapori una certa idea di libertà che in Italia manca».
«Il caso Kean? So che Bonucci non voleva intendere quello che ha detto a caldo dopo Cagliari–Juve. Il problema è molto più grande e non è legato al calcio, ma alla società, al clima politico, alle questioni di lavoro e immigrazione. Se Moise mi ha sorpreso? Sì, soprattutto perché nei primi sei mesi non aveva giocato. È stato bravo e fortunato a sfruttare questo momento, ma l’esplosione deve ancora arrivare: confermarsi è la cosa più difficile».