2018
Napoli, l’assordante silenzio di De Laurentiis dopo i fattacci di Inter-Juve
Il trentacinquesimo turno di campionato si è rivelato decisivo per l’assegnazione dello scudetto: il Napoli avrebbe da recriminare dopo i fatti di San Siro, ma…
Weekend di svolta negli equilibri della Serie A 2017-18: alla discussa vittoria della Juventus sul campo dell’Inter ha fatto seguito il crollo del Napoli al Franchi, travolto dalla Fiorentina e dalla tripletta di Simeone. Quattro lunghezze di distanza, come prima dello scontro diretto che aveva visto trionfare gli uomini di Sarri e spostare l’inerzia sul binario partenopeo, oggi il gap è sostanzialmente non colmabile: alla Juventus, complice il vantaggio nella differenza reti (criterio che segue la parità assoluta vigente negli scontri diretti), basterà accumulare cinque punti nelle prossime tre gare per laurearsi ancora una volta campione d’Italia. Il suo calendario racconta: Bologna in casa, Roma in trasferta, Verona in casa. Salvo clamorosi colpi di scena al momento non ipotizzabili, ai bianconeri basterà fare il loro dovere nelle due abbordabili sfide casalinghe per piegare la resistenza del Napoli.
Inter-Juventus, la sfida decisiva per lo scudetto
Espulso Vecino per fallo su Mandzukic, dopo che Orsato aveva optato per l’ammonizione (il Var non avrebbe potuto agire per una condotta del genere), lo stesso direttore di gara grazia in due occasioni Pjanic, già ammonito in precedenza. E non ristabilisce la sacrosanta parità numerica. L’Inter, nonostante tutto ciò, aveva trovato la forza per ribaltare la contesa anche in inferiorità numerica: la rete del solito Icardi, poi l’autogol di Barzagli – provocato da un’azione di forza di Perisic – fotografia della fine dell’impero bianconero. Juventus a tappeto, scudetto inevitabilmente verso Napoli. Lo scenario cambia ancora negli ultimi minuti: Spalletti fallisce le sostituzioni, manda inspiegabilmente in campo Santon al posto di Icardi e l’esterno nerazzurro si rivela colpevole in entrambi i gol che sanciranno la definitiva vittoria della Juventus. Per quanto emerso sul campo da gioco, in parità numerica è piuttosto presumibile che l’esito della contesa sarebbe stato differente. Ragion per cui, la discutibile condotta di gara di Orsato ed il differente metro di giudizio utilizzato nei confronti di Inter e Juventus hanno di fatto condizionato la gara e la contestuale assegnazione dello scudetto.
La mancata reazione del Napoli
La squadra di Sarri stavolta non ha retto, travolta da episodi troppo grandi per essere gestiti con consapevolezza e cognizione di causa. Fosse capitato ad un club vincente da anni magari il momento sarebbe stato vissuto diversamente, ma almeno chi vi scrive non se la sente di addossare responsabilità ad un Napoli che ha ridisegnato i contorni di questo campionato, meritando il massimo riconoscimento per livello di gioco mostrato, resilienza agli eventi contrari e personalità con cui ha duellato faccia a faccia contro una squadra più strutturata ed a cui – nei momenti più complessi del campionato, con partite praticamente perse – è clamorosamente girato tutto per il verso giusto. No, stavolta il Napoli non ha retto: la sera prima aveva lo scudetto in mano, è poi scesa in campo con la sensazione di essere stata defraudata. E gli svarioni sono apparsi chiari sin dalle primissime battute di una partita praticamente non giocata: l’espulsione di Koulibaly – proprio il match winner dello Juventus Stadium – la panoramica di un pomeriggio che per quanto concerne le sorti partenopee finisce in quel momento. O che più probabilmente non è mai iniziato.
Perché Aurelio De Laurentiis non ha parlato?
Chi avrebbe dovuto difendere il Napoli da tutto ciò? Chi avrebbe dovuto far sentire la propria voce? Tutto porta al nome del presidente partenopeo Aurelio De Laurentiis. Va fatta una doverosa premessa: la scelta comunicativa compiuta nell’intero arco di questa stagione va in decisa controtendenza rispetto agli standard a cui lo stesso De Laurentiis aveva abituato. La svolta si è sostanziata in un presenzialismo minimo, non solo a parole ma anche proprio in termini di presenza fisica. Si è visto poco, persino allo stadio: non sempre al San Paolo, praticamente mai in trasferta. E ci può stare: criticato in passato per un presenzialismo che a detta di tanti aveva sottratto qualcosa alla serenità della squadra, si è defilato in nome del bene comune, lasciando tutto nelle mani della leadership di Maurizio Sarri. Pienamente riconosciuta dall’intero ambiente partenopeo. Ora che però il suo Napoli aveva bisogno di una voce forte, di qualcuno che spiegasse come non si sia disposti ad accettare determinati soprusi sportivi, Aurelio De Laurentiis è mancato. Probabile che troverà il modo e il tempo di dire la sua su quanto accaduto in questo contraddittorio weekend calcistico, per farsi sentire nelle sedi più opportune, ma è mancato nel momento chiave. Purtroppo, nelle dinamiche della Serie A, abbiamo imparato a comprendere come tutto ciò conti. Eccome se conta. Guardate allo staff societario della Juventus: sempre presenti, ossessivamente presenti, dal presidente Agnelli all’ultimo dei dirigenti. Pronti a supportare la squadra in ogni maniera possibile. La sensazione che ha lasciato in eredità il Napoli, in questi due giorni tremendi, è quella di essere da solo. Poi è vero, in un campionato che non lasci spazio a determinate argomentazioni e dunque a questi sospetti, dovrebbe bastare fare meglio degli avversari per rivelarsi i migliori. In Italia, purtroppo e lo ripetiamo, occorre una convergenza totale tra proprietà, dirigenza e squadra. In tal senso, al Napoli in questo strano weekend, è mancato un pezzo.