2018
Milan, cosa passa nella testa di André Silva
L’esperienza di André Silva con la maglia del Milan è ora ai limiti del misterioso: presente e futuro del talento portoghese
A vederlo così sembra estremamente tranquillo. Sorrisi in volto, la serenità – o meglio la consapevolezza – di chi sa di valere e dunque di poter esternare un approccio comunque positivo: quasi come non contasse quella spaventosa casella zero alle reti siglate in campionato. Uno zero che non può andare d’accordo con i trentotto milioni di euro investiti nella recente sessione estiva di calciomercato dal Milan per strapparlo al Porto ed alla concorrenza internazionale: trentotto milioni di euro, zero gol in campionato. Eppure André Silva, almeno nella sua versione pubblica, proietta un’immagine di sé assolutamente serena. Al limite tra l’estrema convinzione nei propri mezzi e lo scarso rilievo che si dà alla situazione in essere: quale prendiamo per buona delle due? Dovremmo essere nella sua testa per avanzare con forza una delle due teorie: quel che è certo è che la sua esperienza con la maglia del Milan si sta via via condendo di mistero.
André Silva: il cammino con il Milan
Quattordici presenze in campionato spalmate in seicentoventotto minuti di gioco: la risposta è zero gol ed altrettanti assist. Zero, uno zero spaccato estremamente amplificato dall’ingente investimento che la dirigenza rossonera ha effettuato per portare a Milano questo talentuoso classe ’95. Solo cinque volte da titolare al Milan per André Silva: quattro sotto la guida di Vincenzo Montella – rispettivamente contro Spal, Roma, Inter e Torino (una curiosità, mai sostituito in questi quattro incontri) – ed una con Gennaro Gattuso. Domenica scorsa, nella trasferta di Udine, quando sul risultato di 0-1 ha clamorosamente fallito la chance del raddoppio con un colpo di testa da mezzo metro a tu per tu con il portiere avversario: situazione di gioco che non ha aggredito come un centravanti dovrebbe fare, limitandosi ad un gesto indolente che aggiunge ulteriori riflessioni sul suo percorso. L’impressione che dà André Silva è quasi come se fosse in una teca di vetro: ancora da consegnare alle complesse dinamiche del campionato italiano. Una sorta di regalo da scartare: intanto però siamo a febbraio e del colpo che aveva infiammato la già rovente estate rossonera non c’è traccia positiva.
André Silva, vale il salvagente Europa League?
Di André Silva in versione rossonera si dice sempre: sta deludendo in campionato, vero, ma in Europa League sta mostrando di quale pasta sia fatto. Questo il pensiero comune sull’attaccante portoghese: non possiamo però permetterci di lasciarci beffare dal suo andamento internazionale. Delle quattro partite di qualificazione all’Europa League – contro avversari, fatecelo dire, ai limiti del presentabile – ha segnato soltanto a San Siro contro lo Shkendija, una doppietta che aveva ulteriormente scaldato gli animi dei supporter rossoneri. Sei gol nella fase a gironi dell’attuale Europa League, di cui cinque rifilati all’Austria Vienna: tripletta all’andata e doppietta al ritorno, a condimento del tutto il gol siglato al Rijeka. In soldoni: non può bastarci l’abbuffata di gol contro la mediocre difesa austriaca per tracciare una descrizione della sua esperienza meno negativa di quanto realmente lo sia. Il salvagente Europa League non funziona: non sarebbe giusto in primis per lo stesso André Silva, certamente non acquistato dal Milan per limitarsi ad una goleada contro i modesti avversari dell’Austria Vienna.
Milan, come se ne esce?
Sia Montella prima che Gattuso ora prediligono assetti tattici che contino un solo riferimento offensivo centrale: in altre parole, c’è spazio per uno tra André Silva, Kalinic ed il classe ’98 Cutrone. Viene scherzosamente da dire che ci vorrebbe l’ex presidente rossonero Silvio Berlusconi per valorizzarlo a dovere, da sempre fautore di una squadra in grado di esprimersi con due attaccanti centrali. Il punto dunque è l’impiego: André Silva ha sprecato diverse chance concesse in questi mesi ma quel che è fatto è fatto. Guardando al futuro, non si comprende come si possa uscire da questo stallo: l’attaccante lusitano avrebbe probabilmente bisogno di accumulare minutaggio e continuità senza che la sua posizione venga messa in dubbio dall’utilizzo di alternative, con la possibilità volendo di continuare a sbagliare senza che ad ogni partita la sua figura venga ulteriormente discussa. Ma tale aspetto, in una società quale il Milan che deve necessariamente nutrirsi di certe ambizioni, appare di impossibile realizzazione. E dunque il rischio sempre più concreto è quello di relegarlo ad attaccante da coppa: André Silva impiegato da titolare in Europa League, magari finché il livello dell’avversario lo permetterà. Poi spazio ad altri. Ma proseguendo sul canovaccio attuale si va dritti verso la mancata valorizzazione di quello che – dopo il clamoroso approdo di Leonardo Bonucci dalla Juventus – è stato il colpo più significativo della roboante estate di Fassone e Mirabelli.
Quel che si è visto di André Silva
Interessante ultimare l’argomentazione con un discorso funzionale a quanto emerso sul campo: andiamo oltre i numeri (in tal caso mortiferi per il calciatore) e proiettiamoci sulle caratteristiche. In altre parole: cosa può dare André Silva al Milan? Quale il suo valore aggiunto e quale invece il suo difetto di fabbrica? Nella discontinuità è emersa con una certa rilevanza la capacità di duettare con il resto della squadra: ci sono frangenti di gara in cui il portoghese scompare dalla dinamica della contesa. Quando c’è dentro però, i suoi mezzi tecnici e la padronanza dei fondamentali permettono ai centrocampisti rossoneri di appoggiarsi su di lui: André Silva sa giocare la palla e questo è un elemento da cui partire. Poco importa oramai che siamo già a febbraio: lo ripetiamo, quel che è stato è stato, indietro non si torna. Ed il momento generale vissuto dal Milan 2.0 non ha certamente aiutato le espressioni individuali. Attaccante di buon costrutto che però, per come è caratterizzata la Serie A, deve compiere passi da gigante nell’aggressione degli spazi, della profondità, degli ultimissimi metri di campo: un centravanti degno di essere chiamato tale non può mancare in tal senso, non può essere inconsistente nella scelta finale, non può tralasciare l’aspetto finalizzativo. André Silva in tal senso, a dispetto delle premesse che ne avevano accompagnato lo sbarco in Italia, è decisamente indietro: i difensori avversari lo controllano senza affanno, raramente si procura lo spazio per calciare in porta. Il resto non può bastare se manca quel che va a caratterizzare la mansione principale del centravanti: il direttore sportivo Mirabelli, in una recente intervista, si è detto certo di avere un potenziale campione tra le mani. Beh, sarebbe anche l’ora di dimostrarlo.