2009
Juventus, Nedved: “Parlerò con Buffon, Del Piero da rinnovo. Dopo il ritiro mi chiamò Mou, ma…”
Si è confiato alla Gazzetta dello Sport Pavel Nedved, dirigente della nuova Juventus targata Andrea Agnelli. Ecco un estratto: “Il mio addio al calcio è stato un nuovo inizio. Quel giorno è cominciata la seconda fase della mia vita: io ero felice, mi godevo quei momenti e la gente intorno a me piangeva. Fu un pomeriggio strano e magico. Quando e perchè ho deciso di smettere? Nel 2006 giurai che avrei riportato la Juve in alto. Dopo la promozione e il terzo posto, la mia testa cominciava a non reggere più i ritiri. Nel 2009 arrivammo secondi. Per scalare l’ultimo gradino, un gradino molto alto, io a 37 anni non potevo più essere d’aiuto. Serviva altro. E la Juve aveva un progetto di cui non facevo parte. Il mio procuratore Raiola provò a farmi continuare: c’erano offerte dall’estero e dall’Italia, ma io non mi vedevo con altre maglie. La chiamata di Mourinho? Quando sentii la sua voce rimasi molto sorpreso. Prima mi fece i complimenti e poi mi disse: ‘Pavel, ho bisogno di te per vincere la Champions’. Ma io rifiutai subito: il cuore non mi avrebbe mai permesso di giocare con l’Inter. Se è più difficile fare il giocatore o il dirigente? Il dirigente. Un giocatore deve vivere come un combattente: mangiare, correre, dormire. Il dirigente ha più pensieri. Qual’è il mio compito? Stare vicino alla squadra, andare al campo, dialogare con Delneri, Marotta, Paratici, Pessotto, aiutare chi ha bisogno. Buffon? Ci siamo già visti e ci rivedremo presto. Io capisco la sua sofferenza: quando resti fuori per un infortunio serio, stai male. Non venendo a Vinovo, magari Gigi soffre un po’ di meno. Com’è Krasic? Molto forte. Abbiamo qualcosa in comune: il modo di correre e di puntare la porta, la ricerca della concretezza. Crossa benissimo, ora deve farci scoprire il tiro da lontano. Del Piero? E’ Highlander: sempre in prima fila. Un esempio. E mi aspetto che continui a giocare. Ale ha la testa giusta per andare avanti alla grande”