2017
Monchi svela: «Atletico e Juve modelli. Prenderei Dybala. Schick? E’ un investimento»
Il direttore sportivo della Roma ha parlato del suo impatto con la Capitale, dei suoi sogni, dello Scudetto e di tanto altro
Lunga intervista a Monchi, direttore sportivo della Roma. Il ds ha parlato del suo approdo, dei suoi sogni, dello Scudetto («Napoli, Inter, Juve e Roma favorite. Lazio e Milan? Non posso nominarle tutte»), di Immobile avuto a Siviglia («Voleva sentire fiducia e disse: ‘non posso trasmetterla se non ne ho’») e di Dybala («lo prenderei, è il più decisivo in A»). Queste le parole del ds sul suo arrivo a Roma: «Quando ho comunicato ad amici e familiari che potevo venire qui la prima cosa che mi hanno detto è “Ma sei pazzo?”. No, non lo sono. Ho scelto Roma perché sentivo, e questi primi 6 mesi mi hanno dato ragione, che qui potevo essere Monchi. Mi piace stare a contatto con lo spogliatoio, per capire e conoscere ma non per fare la spia. Lo stesso vale per Di Francesco: entro continuamente nel suo ufficio, non è che ci diamo appuntamento per parlare. Per me questo aspetto non era negoziabile, se non faccio così non sono me stesso».
Il ds della Roma ha parlato di Di Francesco e dell’addio di Totti: «Di Francesco? Sottolineo tre qualità: la conoscenza della Roma, l’intensità nel lavoro, lo sguardo sempre dritto negli occhi. Se deve dire una cosa negativa a un giocatore la dice, ma sempre nel modo giusto. Totti? Con lui ho un rapporto che all’inizio non avrei mai immaginato potesse essere così stretto, soprattutto considerando che non sono venuto a regalargli una macchina ma a dirgli “arrivederci e grazie”. Poteva succedere di tutto, è andata benissimo. E ha fatto più lui di me. Dall’1 al 10 alla nostra relazione do un 11. Ho trovato una persona vicina, affettuosa. Dopo 27 anni sulla stessa strada non è facile cambiarla. Il club è stato intelligente nel dargli spazio e tempo necessari. Totti poteva impuntarsi, invece ha capito e accettato».
Questa invece la filosofia di Monchi: «La prospettiva era complicata, ora possiamo essere molto contenti. Però bisogna essere ambiziosi e pretendere di più. Bisogna trovare la stabilità interna, economica e sportiva, per non dover vendere i giocatori e quella esterna: aspirare a essere una squadra d’élite con continuità, in Italia e in Europa. Diciamo che l’Atletico Madrid è un bello specchio. Può essere che si debba continuare a vendere giocatori, ma senza aver paura: come mi è successo a Siviglia le vendite, se ci saranno, dovranno essere fatte per consolidare la posizione, non per minarla. Schick? Volevamo un esterno mancino per sostituire Salah. Abbiamo puntato tutto su Mahrez, che non è venuto perché non lo volevano vendere. Non era una scusa mia, hanno detto no anche al Barcellona. Saltato Mahrez ci siamo detti: ‘Meglio prendere un esterno mancino a qualsiasi costo, anche se non siamo convinti e abbiamo soluzioni interne, o provare a prendere Schick che non è il profilo esatto che cerchiamo ma è un investimento per il club?’. Rinunciare a Schick per mere questioni tattiche sarebbe stato un errore. Un d.s. deve essere a metà tra tecnico e club. Gennaio? Non ci saranno acquisti».