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80 anni Rivera: «L’età non esiste più. Nazionale? Se mi chiamano…»

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Gianni Rivera

Intervistato da La Gazzetta dello Sport alla vigilia del suo ottantesimo compleanno, l’ex rossonero Gianni Rivera ha parlato di nuovo Milan, di Nazionale Mancini e di molto altro. Di seguito le sue parole.

CARRIERA DOPO IL CALCIO – «Dopo aver smesso di giocare sono diventato vice presidente del Milan, poi sono stato 22 anni in Parlamento. Poi sono tornato al calcio in Federazione, 5 anni nel settore giovanile a Coverciano. Ho preso vari patentini, sono diventato allenatore professionista».

80 ANNI – «Un compleanno è sempre un buon giorno. C’è molta gente che agli 80 non arriva. Eppoi non esiste più il concetto dell’età. Paul McCartney e Mick Jagger a 80 anni fanno i concerti. Per non parlare di chi governa il mondo. Alla Casa Bianca, per esempio. L’astronauta John Glenn a 77 anni tornò nello spazio».

BILANCIO DI 80 ANNI – «Robert De Niro mi è sempre piaciuto come attore. Io mi sono sempre piaciuto come giocatore. Ho fatto di un hobby una professione Non è poco, mi creda. Il bilancio totale? Molto, molto positivo. Sono stato fortunato, nella vita ho incontrato persone molto importanti. I miei genitori, mia moglie, i miei figli».

IL SUO MILAN – Mi sono seduto al tavolo a 20 anni. Mi sono alzato a 36, ancora affamato, ma vincendo tanto. Il Milan è stata una grande, bellissima parte della mia vita».

IL MILAN DI ORA – «Non conosco i loro piani, non so i loro programmi. Non chiedetemi pronostici sullo scudetto, non voglio fare brutte figure».

LEAO E LA 10 – «Ora la 10 conta meno di allora, perché tutti possono mettere qualsiasi numero. Poi una volta l’ho vista indossata da un portiere. Il mondo è cambiato».

NAZIONALE E MANCINI – «Mi ha colpito il modo in cui se ne è andato, con una pec. Io ct? Dopo Ventura, si sono opposti a me. Ne avevo parlato con Costacurta, allora vice commissario FIGC, ma mi aveva detto che non avevo esperienza. Aveva ragione, non avevo mai giocato a calcio. Se mi chiamano ora, vado subito. Sono qui, sono libero».

ARABIA SAUDITA – «Valeva la pena preoccuparsi tanto per i calciatori per poi scoprire che, vedi l’Arabia, la globalizzazione avrebbe cancellato tutto? Ormai vince solo il denaro e questo dice già quasi tutto. Abbiamo bisogno di gente che ragioni. Sia che occupino un seggio in Parlamento, sia che lavorino nel calcio. Vorrei per questo dare un mio contributo nel mondo calcistico, con amici che la pensano come me»

BARI – «Io e i miei amici finanziatori italiani siamo sempre pronti e disponibili a ogni tipo di operazione. Siamo in attesa che si organizzino i finanziatori con cui ho avuto contatti. Eravamo pronti ad acquistare il Bari, in B o in A, ma i proprietari, che non erano obbligati a vendere, hanno deciso di restare. Però l’offerta, fatta e comunicata, è sempre valida anche insieme a imprenditori locali».

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