2015

13 mesi da equilibrista: all’Inter non piove più

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Così Roberto Mancini si è preso l’Inter ed ha messo dietro tutti: il Natale è da capolista

Spingere oltre l’asticella quando le cose vanno male, frenare con due piedi quando tutto va per il verso giusto: è la storia dell’Inter di Mancini versione 2.0. Tredici mesi, dal 15 novembre 2014 – giorno della presentazione ufficiale da nuova guida tecnica dell’Inter – ad oggi 15 dicembre 2015, in cui il buon Roberto ha parlato di scudetto quando decimo in classifica e con una squadra colabrodo, e di qualificazione alla prossima Champions League come massimo obiettivo quando la squadra è prima in classifica e subisce con il contagocce.

PARTE PRIMA – L’allenatore più titolato e retribuito dell’attuale Serie A è Roberto Mancini e non lo è per caso: lo è in tempo di gonfie vele, certo, ma anche – per citare il predecessore Walter Mazzarri – quando piove. Il tecnico jesino, nelle prime battute della sua nuova esperienza al timone nerazzurro, ben sapeva di non poter sin da subito lottare per i traguardi più ambiti: eppure ha sempre parlato di vette inarrivabili, di scudetto, di non esser più abituato a contendersi qualcosa che non sia il primo posto. Quasi a costo di farsi sbeffeggiare, ma con un diktat: quello di iniziare sin dal primo istante del suo ritorno a forgiare una personalità. Un’identità, una mentalità vincente. Scacciare via (nei giocatori) la tentazione di accontentarsi di essere all’Inter: l’Inter, invece, va meritata sul campo.

PARTE SECONDA – Raccolti i cocci di un’eredità complessa, non si è mai nascosto: ha candidamente ammesso, nel corso del recente campionato, di non esser riuscito a far meglio di Mazzarri. Chi ha già vinto e dalla sua ha la forza di un solido curriculum, chi (pochi a dire il vero) ha inoltre il suo riconoscibile carisma, non ha bisogno di nascondersi o inventare scuse. Perché sa quanto vale. Ha smontato e ricostruito la squadra (ci torneremo) a suo piacimento, partendo inevitabilmente dalle basi: difesa solida ed equilibrio complessivo, a seguire tutto il resto. E la linea tracciata dall’Inter segue in pieno questo canovaccio: i risultati sono arrivati sin dalle primissime battute della stagione, in avvio però con una proposta calcistica da tanti ritenuta non all’altezza ma esclusivamente mirata a non prenderle, poi la vicenda è decisamente migliorata ed ora l’Inter – vedi anche l’immeritata sconfitta di Napoli – sta allineando i suoi dati alla concorrenza. Insomma la storiella della fortuna – che in avvio ha dato una mano alla banda Mancini –  sembra non reggere più.

IL CORAGGIO NELLE CESSIONI – E’ un aspetto da pochi sottolineato ma che al contrario la dice lunga sulla capacità di incidere di questo allenatore: si parla costantemente della faraonica campagna acquisti condotta dall’Inter – che sicuramente ha operato massicciamente in entrata – ma poco delle operazioni in uscita. Ben 35 i milioni riconosciuti dal Real Madrid per Kovacic, 11.5 quelli ottenuti dalla Juventus per Hernanes sul gong del calciomercato, 17 quelli dalla cessione allo Stoke City di Shaqiri acquistato appena qualche mese prima. Segnale inequivocabile – quest’ultimo – del peso anche manageriale di Roberto Mancini all’interno del mondo Inter: lo jesino può permettersi anche il capriccio di farsi prendere un calciatore importante per poi stufarsi e scaricarlo. Tutto in nome di una leadership ben identificata: una guida, come a dire seguitemi e vi condurrò dove ambite. Intanto arriva un Natale da capolista. Tempi lontani, eppure così vicini, quando chi prima di lui parlava di pioggia.

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